Ed oggi ancora, Signore, pronuncia quella parola:
«Effatà, apriti!»
di fronte a ciascuno di noi. Apri le nostre orecchie
affinché non siamo sordi agli appelli del nostro prossimo,
amico o traditore che sia, e della tua Voce nella coscienza,
piacevole o antipatica che sia. Apri le nostre bocche
perché possa sgorgare sincera la voce dell’affetto e della stima,
ferma e convinta quella che difende la giustizia e la pace.
Apri le nostre mani affinché restino pulite
nella nostra professione, leste e operative nelle nostre attività,
capaci di stringere le mani di tutti, indipendentemente dal loro colore e calore.
Apri i nostri cuori affinché vibrino all’unisono col Tuo, vivendo emozioni che conducono a scelte concrete
e sentimenti che resistono alla corsa del tempo e dei tempi.
Se oggi la condizione di un sordomuto ci può sembrare avvilente e disagiata, ai tempi di Gesù doveva essere estrema. Possiamo immaginarne la vita da escluso, la frustrazione di non comprendere gli altri, l’incapacità di comunicare i propri pensieri. E poi quel misto di superstizione e religione che lo immagina così, maledetto da Dio, a causa dei suoi peccati. Come sarà la considerazione di sé di quell’uomo, costretto a una solitudine di fatto?
Eppure qualcuno lo porta da Gesù, che prega di imporgli le mani. Ha pietà e fede per lui. Gesù vuole anzitutto restituire a quest’uomo la dignità. Lo separa dalla folla, dal suo vociare inconcludente e dalle sue mille incomprensioni. Poi, con segni incisivi gli indica ciò che gli vuol fare: gli introduce le dita nelle orecchie come per aprire i canali della comunicazione, gli unge la lingua con la saliva per sciogliergliela. Scrive il card. Martini: «Sono gesti che appaiono persino rozzi, scioccanti. Ma come comunicare altrimenti con chi è chiuso nel proprio mondo e nella propria inerzia? Come esprimere l’amore a chi è bloccato e irrigidito in sé, se non con un gesto fisico?». Gesù aggiunge uno sguardo verso il cielo, cioè una preghiera al Padre, e un sospiro, prima di guarirlo. In quel sospiro, forse, ci siamo anche noi, quando non rinunciamo a fare ciò che è nelle nostre possibilità per rendere migliore la vita di chi ci ritroviamo a fianco.
«HA FATTO BENE OGNI COSA»
Il vangelo di oggi riporta un miracolo di Gesù, i cui gesti vediamo ripetere nel rito del battesimo. Rappresenta il dono della capacità di ascoltare la parola e di proclamarla con la voce. Ci vengono ricordati due doni che fanno parte integrante della vita cristiana. Davvero il Signore Gesù ha fatto bene ogni cosa, per renderci figli di Dio come lui.
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