-Forse non c’entra molto con un discorso religioso, ma le prime immagini che mi sono venute in mente ascoltando queste letture sono quelle delle paraolimpiadi che si sono tenute in questi giorni: le imprese di tanti uomini e donne, che hanno avuto la capacità e la forza d’animo di non rassegnarsi, ma di superare i propri limiti e di amare la vita così com’è, emozionano sempre e mettono in luce la vera disabilità, che è quella assai diffusa del cuore atrofizzato che non sa più sperare e amare.
-Per questo Gesù è venuto nel mondo: non tanto per guarire le malattie del corpo, ma per ridare corpo alla speranza, per annunciare che siamo infinitamente amati da Dio e che la nostra vita è infinitamente preziosa ai suoi occhi.
-Il racconto del Vangelo non vuole essere la cronaca di un miracolo di Gesù, quanto una catechesi battesimale. Non per nulla, quel gesto che Gesù compie sul sordomuto è tuttora presente in coda al rito del battesimo dei bambini. In effetti, la guarigione dell’uomo è preceduta da un lungo rituale, che sembra più importante della guarigione stessa.
-Prima di tutto si precisa che Gesù è di nuovo in una regione di confine, fuori dal territorio di Israele, dove abitano soprattutto pagani. Sembra andarci appositamente, forse in seguito al duro scontro con i farisei sulle tradizioni religiose di cui abbiamo ascoltato domenica scorsa. Gesù cerca aria nuova, perché il peso di una religiosità esteriore e formale lo opprime. Sarebbe interessante domandarci dove starebbe più volentieri Gesù ai nostri tempi: nei nostri luoghi religiosi ufficiali o nelle periferie esistenziali?
-Il sordomuto viene condotto a Gesù da alcune persone che lo pregano di imporgli la mano. Sono persone che credono nella potenza risanatrice di Gesù. Simboleggiano la comunità che presenta a Dio i propri figli perché siano risanati dal male e rinascano attraverso la Parola e i Sacramenti. Ci possiamo vedere tante famiglie che chiedono il battesimo per i propri figli; ma non si tratta tanto di un desiderio formale, quasi di tradizione. Per quel bambino o quell’adulto si desidera la vita, non semplicemente un rito esteriore. Non si chiede l’iscrizione a catechismo per poter fare la festa di Prima Comunione, ma perché si desidera che quel fanciullo incontri Gesù Cristo, il quale gli apra gli occhi della fede e lo renda testimone dell’amore di Dio. In questo mese di settembre che inizia, può essere utile ripensare al senso che diamo ai percorsi di catechismo e ai sacramenti.
-Il Vangelo dice che Gesù porta quest’uomo in disparte, lontano dalla folla. Non esiste la fede di massa: la fede nasce dall’incontro personale con Gesù, che entra in relazione con me e mi illumina per mezzo della sua Chiesa. Attenzione: non si tratta di una fede individualistica, ma personale: non ci chiudiamo in un rapporto intimistico con Gesù, ma lo incontriamo di persona nella Chiesa. Gesù e il sordomuto, infatti, non sono soli: sono testimoni i discepoli, ai quali Gesù comanda di non parlarne a nessuno, e che invece diventano annunciatori della sua opera: «ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
-Si tratta di una fede “incarnata”: ne sono segno i gesti di Gesù che tocca con le dita le orecchie dell’uomo e con la saliva la sua lingua: Dio non ci guarisce “a distanza”, ma entrando a contatto con le nostre debolezze. Così è chiamata a fare la Chiesa, così ciascuno di noi: facendoci prossimi e prendendoci cura delle sofferenze dei deboli e dei poveri.
-Il sospiro di Gesù esprime molto bene questa solidarietà con l’umanità sofferente, così come lo sguardo rivolto al cielo: il primo passo della mia guarigione avviene quando Gesù stesso assume il mio senso di impotenza e il mio gemito di fronte al silenzio di Dio.
-Infine dalla bocca di Gesù esce una parola, Effatà, che il Vangelo riporta nella sua lingua originaria, come per sottolineare che Dio parla la mia stessa lingua, senza aspettare che io comprenda la sua. Quanto è importante che la Chiesa assuma questo stile, parlando di Dio e in suo nome in modo che tutti possano comprendere; troppe volte rimaniamo su un livello diverso, parliamo un linguaggio da iniziati che capiamo solo noi, e non chi ha bisogno di conoscere il Signore.
-Si apre per noi un nuovo anno pastorale, particolarmente significativo perché è il cinquantesimo dalla nascita di questa parrocchia: sarebbe bello se fosse segnato da questo stile di prossimità che Gesù riserva all’uomo sordomuto; se ci sentissimo parte di una comunità che presenta a Gesù ogni persona che cerca luce e speranza, prima che preoccuparsi di tante questioni e tradizioni esteriori e formali col rischio di non accorgersi di chi vive ai margini della Chiesa e della società. Una comunità nella quale non si fanno preferenze di persone, guardando con lo stesso amore e accogliendo allo stesso modo ricchi e poveri, italiani e stranieri, uomini e donne, grandi e piccoli. Una comunità che rende testimonianza a Gesù, annunciando che in lui Dio ha fatto bene ogni cosa, dando inizio ad una nuova creazione.