-L’immagine che mi colpisce di più in questa festa dell’Ascensione è quella dei discepoli di Gesù che rimangono incantati a guardare il cielo, finché due uomini in bianche vesti li riscuotono chiedono loro: «Perché state a guardare il cielo?».
-Questo sguardo fisso verso il cielo, dove Gesù è sparito dalla loro vista può simboleggiare una tentazione sempre ricorrente nella vita della Chiesa: quella di rimanere aggrappati ad una fede nostalgica. Anche presso la tomba vuota di Gesù c’erano due uomini in abito sfolgorante che rivolsero alle donne giunte al sepolcro una domanda simile: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?». Il rischio di fare della Chiesa un museo, della nostra fede un ricordo di fatti del passato e di riporre le speranze in un morto è sempre attuale. In fondo è anche più comodo per noi, perché ci lascia più tranquilli, oltre ad offrirci il sottile gusto di lamentarci di fronte ad un presente che non ci piace.
-Il Vangelo, invece, è fondato sul dono della speranza, che si fonda sulle promesse di Gesù risorto e ci proietta nel futuro. I discepoli rimpiangono la presenza terrena di Gesù; ma Gesù con la sua partenza prepara una presenza ben più efficace e potente. Salendo al cielo, cioè ritornando nella pienezza della realtà divina, Gesù potrà essere presente nella vita di tutti e non solo di alcuni che hanno la fortuna di incontrarlo in carne e ossa. Come dice il salmo citato da san Paolo, «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini».
-La Chiesa è un corpo vivo che cresce fino a quando raggiungerà la pienezza, come il corpo di un bambino che si sviluppa e diventa adulto. Ma se il bambino rimanesse sempre attaccato al cordone ombelicale, come potrebbe crescere? Staccarsi dalla madre è sempre traumatico, ma è necessario perché quella vita cresciuta nel grembo materno possa svilupparsi fino alla sua pienezza.
-La Chiesa è una, perché è protesa a Cristo, che è la pienezza di tutte le cose: «Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo». Ma proprio perché Cristo asceso al cielo non è più un’esperienza limitata nel tempo e nello spazio, l’unità della sua Chiesa non significa uniformità, ma comunione di doni diversi: c’è chi è scelto come apostolo, chi come profeta, chi come maestro, chi come pastore. Nessuno ha il proprio dono per se stesso, ma per realizzare la maturazione di tutto il corpo, «finché tutti arriviamo all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto». Non stiamo fermi a guardare il cielo, ma camminiamo ogni giorno verso il cielo.
-Può sembrare una riflessione un po’ complicata questa, ma è necessaria, e ci pone una domanda urgente: qual è lo scopo della Chiesa? Qual è l’obiettivo del nostro essere cristiani? Come comunità cristiana sentiamo di avere una direzione e un traguardo da raggiungere? L’impressione a volte è che non abbiamo chiara la risposta, che giriamo su noi stessi, che viviamo una fede senza obiettivi, senza tappe precise, un’appartenenza fine a se stessa.
-La nostra rimane ancora in larga parte una pastorale di conservazione, dove l’unico scopo è continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, cercando di attirare tante persone e portando avanti servizi certamente utili e meritori, ma senza una visione, senza una speranza eterna, senza la consapevolezza di una chiamata. Insomma, la nostra vita cristiana rimane uno stare a guardare il cielo, mentre Gesù dice: «Andate in tutto il mondo». Proponiamo percorsi di catechesi insegnando delle cose, parlando di tanti argomenti, ma senza «preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo». Partecipiamo a liturgie, incontri, attività di ogni genere, ma rimaniamo sempre al punto zero, non diamo frutti di conversione e di vita nuova. Soccorriamo i poveri ma senza coltivare con loro la grande speranza dell’incontro con il Signore.
-Dice Gesù che chi crede viene accompagnato da segni che confermano la Parola che annuncia: quali segni ci accompagnano? Quale speranza risplende nella nostra vita?
-Queste domande non servono per piangerci addosso, ma per risvegliare la nostra speranza: tutti abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, che rende presente nella nostra vita Gesù risorto e ci guida nel cammino. Salendo al cielo Gesù ha portato anche noi con sé, così da renderci cittadini del cielo già in questo mondo, testimoni di speranza per tutti. Riconosciamo dunque la speranza alla quale siamo stati chiamati e camminiamo con decisione verso la meta: sperimenteremo ogni giorno come il Signore agisce insieme con noi e conferma la Parola con i segni che l’accompagnano.