-Uno dei frutti più belli e preziosi della Pasqua è la comunità cristiana. La Parola appena proclamata ce l’ha descritta in modo splendido, mettendo insieme il suo valore teologico e la sua realizzazione pratica.
-La natura profonda della Chiesa è la comunione, e Gesù ce la descrive attraverso l’immagine della vite e dei tralci. C’è un’azione originaria di Dio, che come l’agricoltore pianta e si prende cura della vite (cioè dona il suo Figlio, al quale si uniscono i suoi discepoli nella Chiesa); poi c’è l’iniziativa di ciascuno di noi, che come tralci siamo inseriti nella vite: possiamo decidere se rimanere o no uniti alla vite. Nel primo caso, portiamo frutto, nel secondo si secchiamo.
-Ognuno di noi con il battesimo è stato innestato nella vite, che è Cristo. Quando dico Cristo non intendo semplicemente Gesù di Nazaret: non si tratta qui di credere solo che Gesù è esistito e portare avanti qualche ideale del Vangelo. Cristo risorto io lo incontro concretamente nella sua Chiesa; rimango unito a lui se riconosco la Chiesa come il suo Corpo vivente di cui faccio parte e quindi riconosco che gli altri cristiani sono miei fratelli da amare come Cristo ha amato me.
-Viviamo in un tempo difficile per la Chiesa, un tempo di grandi divisioni e fratture tra i cristiani. Quando la Chiesa diventa il contenitore dei nostri ideali o delle nostre convinzioni dottrinali e morali (anche giuste), corriamo un grosso pericolo: quello dei tralci che non rimangono uniti alla vite, sentendosi loro i veri rappresentanti della vite e non accettando che alla vite siano uniti tralci diversi, non tollerando l’idea di dover essere potati per portare frutto. Essendo un corpo vivo, la Chiesa vive un dinamismo interiore, necessario per portare frutto, per crescere secondo l’azione interiore dello Spirito Santo. Quando questa crescita e le necessarie potature vengono percepite come un tradimento delle origini e non come il normale processo di crescita di un corpo vivo, avvengono le divisioni che portano tanti tralci a seccarsi e a non essere più buoni che per essere bruciati nel fuoco. È come se il contadino non potasse mai la vite, per paura di rovinarla!
«Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità». Per essere cristiani non serve parlare di amore e di comunione in modo corretto: saprai di essere unito a Cristo vera vite se ami con i fatti e nella verità. Quanto male ci divide nella Chiesa, quante parole che feriscono, quanti giudizi che uccidono, quanta presunzione che inganna chi si sente giusto e scandalizza i piccoli! A che ci può servire l’adesione a una dottrina se non è animata dall’amore e dalla comunione in Cristo? «Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri». Non c’è fede autentica senza la carità e la comunione nella Chiesa.
-Stiamo perciò attenti a non usare con troppa disinvoltura la parola “comunità”. Ci sono parole che vengono abusate e così perdono il loro significato profondo. La Chiesa è comunità, ma non sempre noi siamo Chiesa: possiamo esserlo dal punto di vista formale e sacramentale, perché siamo dei battezzati, ma dobbiamo poi imparare ad esserlo.
-Un bell’esempio è quello della prima lettura: c’è Saulo, prima persecutore dei cristiani, poi convertito a Cristo, che cerca di unirsi agli altri discepoli, ma questi ovviamente non si fidano di lui. Occorre la testimonianza autorevole di Barnaba per aiutare la comunità ad accogliere questo nuovo fratello. Saulo è dunque formalmente nella Chiesa, ma deve imparare a vivere unito ad essa. Predica con coraggio nel nome di Gesù, ma lo fa per conto suo, come se prima di lui non ci fosse nulla. Così i fratelli capiscono che ha bisogno di starsene lontano per un po’ e lo rimandano alla sua città d’origine per riflettere e maturare: in altre parole viene potato perché porti più frutto attraverso l’umiltà e la fraternità. Verrà poi il momento propizio in cui Barnaba stesso tornerà a prenderlo per evangelizzare, non più da solo, ma in comunione con i fratelli.
-Questa parola oggi ci interpella, perché possiamo riconoscere ogni giorno che senza Gesù Cristo non possiamo fare nulla e che occorre che rimaniamo in lui e lui in noi. Nessuno pensi di poter vivere la fede senza la Chiesa o fuori dalla comunione con la Chiesa, perché la Chiesa è il Corpo di Cristo. Cristo non è un’idea da brandire come un’arma contro qualcuno, ma è un corpo vivo che cresce fino alla sua piena manifestazione. Cresciamo in lui e riconosciamo che ogni potatura che viviamo è una grazia necessaria perché portiamo sempre più frutto e diventiamo suoi discepoli.