O Dio, pastore eterno dei credenti,
che edifichi la Chiesa
con la varietà e la ricchezza dei tuoi doni
e la governi con la forza del tuo amore,
concedi al tuo servo Matteo,
che hai voluto pastore di questo tuo popolo,
di presiedere il gregge in nome di Cristo
come maestro fedele alla dottrina,
sacerdote dei divini misteri,
servo e guida dei suoi fratelli.
Per Cristo nostro Signore. Amen
(dal Messale Romano p. 857)
Ti chiedo scusa, Signore, per tutte le volte in cui non ho rispettato la tua legge. Ho messo davanti a te il mio orgoglio, le mie passioni, il mio egoismo. Ho maledetto i tuoi doni e bestemmiato i tuoi valori. Ho scordato di dirti grazie nel tempo del mio riposo. Ho trascurato chi mi ha dato la vita, l’educazione e l’amore. Ho usato violenza, con i gesti e le parole. Ho rubato, falsato e distrutto il lavoro e l’animo altrui. Ho taciuto davanti all’ingiustizia e ho avuto desideri irrispettosi e scorretti. Ma soprattutto, tante volte, ho minimizzato, escogitato scuse, nascosto prove, prima di tutto a me stesso. Tante volte ho pensato di non aver fatto nulla di male, o di essere sempre stato in buona fede. Non c’è orecchio più sordo di quello che non vuole sentire. Sordo a un amore che chiama, quello del fratello
e quello tuo, Signore.
Sono ancora attuali e rispettati i comandamenti che oggi sentiamo nella Prima Lettura? A guardarci intorno, forse a eccezione del non uccidere, sembrano piuttosto fuori moda. Chi santifica le feste, o almeno volge il pensiero al Creatore, in quel giorno? Chi ritiene grave la diffusione di una notizia falsa o addomesticata, o la bramosia di ottenere ciò che è di un altro? Chi conosce il significato di adulterio o ritiene sacri e inviolabili i patti assunti con chi ha amato? In tanti casi dovremmo rispondere: una minoranza. Eppure, se ci capita di essere dalla parte di chi ne paga le conseguenze, quanto vorremmo più giustizia e obbedienza a questa legge, nel mondo. E quando, anziani, avremmo bisogno di figli che hanno trovato un’occupazione degna dall’altra parte del mondo, quanto vorremmo che l’onore ai propri genitori fosse la loro vicinanza. Aveva ragione Gesù ad arrabbiarsi per quella religione formale che pure nel sacro Tempio sostituiva a Dio i propri interessi; in fondo è così anche oggi, quando è spontaneo pensare a sé e non all’altro, che sia il proprio partner o lo sconosciuto che porta le conseguenze del nostro egoismo, declinato in sotterfugi, tradimenti, violenze. Quella Legge vecchia di oltre tremila anni è e sarà sempre attuale. Vale la pena ricordarla ai bambini, non come nostalgia di un passato, ma come salvezza del loro futuro.