(in preparazione alla visita pastorale del 7-10 marzo 2024)
O Dio, pastore eterno dei credenti,
che edifichi la Chiesa
con la varietà e la ricchezza dei tuoi doni
e la governi con la forza del tuo amore,
concedi al tuo servo Matteo,
che hai voluto pastore di questo tuo popolo,
di presiedere il gregge in nome di Cristo
come maestro fedele alla dottrina,
sacerdote dei divini misteri,
servo e guida dei suoi fratelli.
Per Cristo nostro Signore. Amen
(dal Messale Romano p. 857)
La pagina del Vangelo odierno ci racconta come è scandita una giornata-tipo di Gesù. La sua occupazione è quella di portare Dio tra gli uomini. Lo fa predicando nelle sinagoghe, i luoghi costruiti appositamente al centro dei villaggi per l’insegnamento religioso e la preghiera comune; lo fa accogliendo i malati e guarendo chi ha fede nell’intervento risolutore di Dio. Gesù non disdegna la compagnia degli amici e fa famiglia con loro, accettando l’ospitalità della suocera di Simon Pietro. L’evangelista sottolinea la squisita tenerezza di Gesù, che la solleva prendendola per mano, restituendole la dignità di servire chi l’ha onorata della sua visita, secondo la mentalità ebraica del tempo.
Quello che sembra essere il segreto di Gesù è però il risveglio mattutino, «quando era ancora buio», il ritirarsi in solitudine in un luogo appartato, per pregare. Immaginiamo fosse una preghiera non rituale, di meditazione; un colloquio filiale con il Padre per caricarsi della sua forza, della sua luminosità, del suo amore. Come ribadirà in seguito ai propri discepoli, certi demoni si sconfiggono soltanto con la frequentazione di Dio, nella preghiera. Viene da chiedersi quanto ci appartenga tutto ciò.
L’ultimo aspetto sottolineato dall’evangelista riguarda la scelta di non indugiare negli stessi luoghi, quasi nell’ansia di portare il lieto messaggio in ogni villaggio, perché il suo tempo è limitato. Anche questo dovrebbe farci riflettere e agire, se vogliamo essere suoi seguaci e costruttori del Regno di Dio.