«Tu, chi sei?»
-Questa domanda che viene ripetutamente fatta a Giovanni Battista mi risuona nella mente, perché è una domanda che oggi il Signore pone a me, a tutti noi. Non basta rispondere con un nome e cognome: la domanda va più in profondità. Tutti sapevano che quell’uomo che battezzava si chiamava Giovanni, figlio di Zaccaria ed Elisabetta. Sapevano che apparteneva alla tribù di Levi, cioè ad una stirpe sacerdotale, sia da parte di padre che di madre. Zaccaria era un sacerdote del tempio. Il destino di suo figlio era segnato, tanto che avrebbero voluto chiamarlo col nome di suo padre, ma i genitori si opposero, chiamandolo Giovanni. Questo fu il primo segno di una rottura, dell’irruzione di una novità nella storia del popolo di Israele.
«Tu, chi sei?»
-Cosa determina la tua identità in questo mondo? Per cosa vuoi essere riconosciuto? Per il tuo stato civile? Per il tuo mestiere? Per la tua età? Per la tua nazionalità? Per qualche titolo legato alle tue competenze e ai tuoi studi? Per il tuo servizio in parrocchia?
-Un cristiano non dovrebbe avere dubbi: prima di tutte queste cose, ciò che mi conferisce un’identità è il mio essere riferito a Gesù Cristo. Senza di lui, non saprei più chi sono! Si può dire questo di me stesso? È davvero così che voglio essere riconosciuto?
-Le risposte di Giovanni alle domande con cui viene incalzato sono molto significative: sono tutte delle negazioni, sempre più brevi; l’unica risposta in positivo dice il suo totale riferimento a qualcun altro: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Io sono voce di qualcun altro, voce che porta una Parola. La Parola rimane, mentre la voce svanisce. La voce esiste unicamente come servizio alla Parola.
-Ricordiamo ancora che Giovanni era della tribù sacerdotale: questo gli dava dei privilegi, un posto speciale nel popolo di Israele. Non per nulla vengono mandati ad interrogarlo dei sacerdoti e dei leviti, non i primi che capitano. Chi si sente identificato dalla propria appartenenza ad una tribù e dal proprio servizio di culto non riesce a capire perché Giovanni abbia rinunciato a tutto questo per andare ad essere un nessuno in mezzo al deserto. L’unico pensiero che li inquieta è che sia, o che ritenga se stesso, un personaggio molto più importante: il Cristo addirittura, o almeno il profeta Elia che deve venire, o il profeta che è stato promesso da Dio a Mosè. Nessuno rinuncia ad un titolo e a un posto importante se non per qualcosa di più grande; a meno che non sia impazzito!
«Tu, chi sei?»
Questa domanda risuona nel cuore dell’Avvento per prepararci all’incontro con il Signore che viene. Come ci prepariamo a questa venuta?
-Può essere che sia un’attesa passiva, quasi indifferente: quella di chi in fondo ha già una propria identità precisa, autonoma, riconosciuta dal mondo. In quel caso, la venuta di Gesù è la venuta di un altro, che ha le sue strade e che incontrerà la mia nel giorno della sua venuta; intanto però io percorro i miei sentieri e mi faccio un nome in questo mondo. Sentendomi io stesso “parola”, non faccio più risuonare la Parola di Dio in questo mondo. Magari la predico per mestiere, ma non mi metto al suo servizio perché si compia. Giovanni era fuggito dal tempio, perché lì la Parola non trovava più voce per risuonare con potenza.
-Oppure questa attesa del Signore consiste in una vera e propria preparazione che mi coinvolge profondamente, che segna i ritmi della mia vita e delle mie giornate, che mi mette in relazione con le altre persone. Questo avviene se riconosco che io senza di lui semplicemente non sono, non capisco chi sono, mi perdo. Attendo con ansia la sua venuta, perché allora non solo conoscerò lui, ma anche me stesso.
-Questi sono i profeti, che si definiscono non per titoli e riconoscimenti, ma per un progressivo spogliamento di se stessi. Pochi sanno riconoscerli mentre sono in vita, perché sfuggono alle catalogazioni e alle tendenze culturali. I profeti non cercano gloria e attestati di stima, non si sentono migliori di qualcun altro; sanno pagare di persona per ciò che dicono e che fanno, sono pronti a non essere capiti e accolti dal mondo, perché si riferiscono a qualcosa che ancora deve accadere, vedono ciò che nessun altro vede. Non sono la luce, ma rendono testimonianza alla luce; non sono parola, ma solo voce che passa. Attendono con gioia la venuta di Gesù, la annunciano a tutti, perché desiderano ardentemente di essere riconosciuti da lui e non dal mondo.
-Che il nostro cammino di Avvento si popoli di voci potenti e gioiose, una comunità di profeti che trovano vita e senso soltanto in Gesù che viene.