-Gesù oggi ci aiuta ad affrontare uno degli argomenti più delicati nella vita della Chiesa, che è il rapporto con l’auto-rità. Nella Chiesa c’è una gerarchia, un aspetto che possiamo chiamare “istituzionale”, che risulta essere uno dei motivi maggiori di allontanamento della gente dalla vita cristiana. Quando parlo coi giovani di fede, lo scoglio che emerge è sistematicamente questo: il rifiuto della Chiesa come istituzione. Questo deve farci riflettere in questo tempo in cui tutta la Chiesa compie un cammino sinodale di ripensamento di se stessa, per essere sempre più una luce e non un ostacolo alla fede delle persone.
-Esiste certamente un forte rischio di banalizzazione del-l’argomento, che nasce da una sostanziale ignoranza della gente e da percorsi di fede inconsistenti, come anche dalla tendenza a polarizzare qualunque tema anziché riflettere sulla complessità e sulla ricchezza che caratterizza la fede cristiana e il mistero della Chiesa.
-Esiste però anche nella Chiesa quella piaga duramente denunciata dal Papa che si chiama “clericalismo”, che non è altro che l’attuazione moderna di ciò che Gesù condanna in questo Vangelo. Il clericalismo nasce da un modo non evangelico di vivere l’autorità che Gesù ha conferito agli apostoli e ai loro successori, ma anche tutte le forme di autorità o di ruoli nella comunità cristiana. Sappiamo che Gesù ha insegnato che l’autorità nella Chiesa è un servizio e non un farsi servire. È un guidare le persone a Gesù Cristo, non a se stessi. Quando ci dimentichiamo di questo, diventiamo ridicoli nella nostra ricerca di onori, di riconoscimenti, di privilegi, fino a volte a vivere dei veri abusi di potere nei confronti degli altri.
-Non dobbiamo pensare che il clericalismo riguardi solo il clero: ci sono tanti laici molto più clericali dei preti, che riconducono ogni relazione nella Chiesa a rapporti di potere e ad espressioni esteriori, così che perfino le realtà più spirituali diventano luoghi dove prevalgono le logiche di questo mondo e non del Vangelo. Fin dai tempi di Gesù la Chiesa è stata segnata da scandali, come lui aveva detto ai discepoli: persone che proclamano la verità, ma non fanno ciò che insegnano; persone che caricano pesi insopportabili sulle spalle della gente senza volerli portare per primi; persone che approfittano del proprio ruolo di potere per soggiogare i più deboli e abusare di loro. Tutto questo rimane come un marchio indelebile nella coscienza della gente e porta a vedere la Chiesa come se fosse fatta solo di queste cose, mettendo in ombra la realtà di tanti servi fedeli, che nel silenzio e nell’umiltà testimoniano l’amore di Cristo e la sua cura per i piccoli e i poveri.
-Abbiamo bisogno di riscoprire il ruolo materno della Chiesa, che completi e dia il giusto significato a quello istituzionale. Se quest’ultimo ha prevalso sul primo è solo per la crescita nella Chiesa di una cultura maschilista, che mette in primo piano gli equilibri di potere piuttosto che le relazioni di cura e di servizio. Questo modello di Chiesa madre non ce lo inventiamo oggi, ma è proprio della Chiesa apostolica, come oggi abbiamo visto nella bellissima pagina della lettera di san Paolo: «siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio».
-Questa è la Chiesa che siamo chiamati ad incarnare, segno dell’amore di Dio per ogni uomo e non di una istituzione posta a difesa di qualche verità o dottrina morale pure importanti, ma incomprensibili senza l’esempio di un amore che arriva al dono della vita. Al contrario, di fronte a questa presenza materna, il mondo potrà riconoscere nella Chiesa il vero volto di Dio e la sua presenza nella persona di coloro che sono chiamati a guidarla: «ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti».
-Nessun bisogno di titoli di riconoscimento, come una madre non chiede se non di essere riconosciuta come mamma; una rinnovata fraternità che nasce dalla consapevolezza che il Padre è uno solo e noi siamo tutti fratelli; fiducia e obbedienza alla Parola insegnata e spezzata da coloro che non sono “maestri” o “guide”, ma umili servi e collaboratori della gioia di tutti.