Lavoro per Cesare, Signore.
Sì, ha cambiato nome,
si è fatto plurale.
Si chiama ministero, ente pubblico,
o semplicemente Stato.
C’è una persona che lo dirige,
ma mille lo indirizzano,
milioni lo finanziano e se ne servono.
È per loro che io m’impegno,
dedico il mio tempo, le mie doti, la mia passione.
Non siamo più nel tempo in cui Cesare era il simbolo di un potere dispotico e autoritario, vessatorio e capriccioso, che fa uso della violenza per far digerire il proprio controllo e le proprie imposizioni. È vero, anche oggi qualcuno si lamenta per l’esosità delle tasse, ma sarebbe disposto in cambio a rinunciare alla cintura di protezione dei servizi e della previdenza che lo Stato ci garantisce? Piuttosto, il monito di Gesù: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio», può farci pensare. Siamo disposti ad accettare, anche contro voglia, le leggi dello Stato, o perché obbligati e controllati, o perché è il prezzo della democrazia. E le leggi di Dio? Siamo disposti a riverire e ossequiare chi ha il potere, chi ci è superiore o può favorire i nostri interessi. E Dio? Lo sappiamo onorare o semplicemente riconoscere come tale? Siamo disposti a collaborare con le autorità, a metterci a disposizione della comunità nei momenti di necessità, a lasciarci coinvolgere nell’amministrazione delle cose pubbliche. E con Dio? Ci sentiamo parte della sua squadra, dedicando tempo e risorse alla missione dell’evangelizzazione, alla testimonianza coerente nutrita dalla preghiera e dai Sacramenti?
Oggi celebriamo la Giornata Missionaria mondiale. Pensiamo a chi ha scelto di dedicarsi totalmente alla promozione umana e cristiana, spesso in un paese lontano. Questi testimoni ci insegnino a rendere a Dio lo spazio che merita, anche qui.