-Ai nostri tempi sono molto di moda i talk show, in cui si mettono a confronto le persone su un tema, puntando sulla polarizzazione delle opinioni e sullo scontro verbale. Per fare questo, si tende a banalizzare gli argomenti, per evitare che chi assiste usi troppo il cervello: quel che conta è toccare la pancia di chi ascolta, gli istinti della gente. Purtroppo anche il dibattito politico si è ridotto a questo, diventando una perenne campagna elettorale per guadagnarsi il consenso della gente, senza mai impegnarsi in profondità e in prospettiva sulle cose.
-Anche ai tempi di Gesù c’erano queste dinamiche, e i suoi avversari cercarono più volte di coinvolgerlo in queste dispute, che avevano l’unico intento di screditarlo o di far rientrare il suo pensiero in una determinata posizione precostituita. Un esempio lo troviamo nel Vangelo di oggi.
-La domanda è molto semplice: è lecito o no pagare il tributo a Cesare? Oggi si tradurrebbe: bisogna pagare le tasse? Bisogna però inquadrare il problema nel contesto storico di allora. Israele è una provincia dell’impero romano, non è più uno Stato sovrano, ma è proprietà dell’imperato-re. Per questo, gli Ebrei sono tenuti a pagare le tasse all’im-peratore, cosa antipatica ma abbastanza logica. Ma c’è un altro problema: Israele non è un popolo come gli altri, è il popolo di Dio, ha avuto una chiamata e una missione tra tutti i popoli. Professa la fede nell’unico Dio, per cui ogni forma di idolatria è bandita. Questo significa due cose: primo, che gli Israeliti non accetteranno mai di sottomettersi al dominio di altri popoli; secondo, non accetteranno mai di riconoscere l’imperatore come una divinità. Nelle monete del tributo, però, è rappresentata l’immagine dell’impera-tore, e l’iscrizione dice che lui è Tiberio Cesare, il “figlio del divino Augusto”. Pagare la tassa significa quindi anche riconoscere la divinità dell’imperatore e la propria appartenenza a lui come a un dio.
-Da qui la trappola tesa a Gesù: se dirà che si deve pagare la tassa, si metterà contro la fede nell’unico Dio; se dirà di non pagare, si metterà contro il potere costituito e verrà denunciato ai Romani.
-Ora, questi avversari di Gesù si rivolgono a lui riconoscendo che è un uomo che insegna secondo la verità di Dio e che è una persona libera, che non ha soggezione di nessuno. Glielo dicono in modo ipocrita, ma Gesù dimostra che è proprio come dicono: infatti non si impantana in questa disputa di basso livello, ma pone tutti su un altro piano, che è quello veramente importante: quello dell’appartenenza. A chi appartengono il denaro e le cose di questo mondo? E a chi appartiene ogni uomo? C’è qualcosa in questo mondo che si possa dire appartenere a noi? In realtà, nulla ci appartiene in questo mondo, perché nulla possiamo portare via. La brama di possesso e di potere distruggono il mondo, ma sono solo illusioni.
-Per questo Gesù non parla di “pagare”, come se si trattasse di rinunciare a qualcosa che ci appartiene, ma di “rendere”, cioè di restituire. Tutto ciò che abbiamo in questa vita lo dobbiamo restituire, a cominciare dall’aria che respiriamo. Ci sono due realtà che ci stanno di fronte: il mondo (Cesare) e Dio. Ognuna di queste realtà imprime la propria immagine e la propria iscrizione su ciò che le appartiene.
-Sulle monete stanno l’immagine e l’iscrizione di Cesare; ma l’uomo non potrà mai appartenere ad altri uomini o a poteri umani. Noi abbiamo impressa in noi l’immagine di Dio. Lui nel battesimo ha posto su di noi l’iscrizione di figli di Dio; san Paolo oggi lo dice: «Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui».
-È interessante notare che nel Vangelo si usa solo due volte la parola “iscrizione”: riguardo alla moneta con l’immagine di Cesare e poi per indicare ciò che è scritto sulla croce di Gesù: “Costui è il Re dei Giudei”. Lì appare chi è che regna su tutti, anche su Cesare. Dio è l’unico e non ce ne sono altri: si serve dei potenti di questo mondo, anche se non lo conoscono, come il re Ciro, per portare avanti il proprio disegno.
-Viviamo in un tempo difficile e drammatico, vediamo continuamente uomini che si sentono degli dei, decidendo della vita e della morte di milioni di altri uomini; e questo avviene anche nel nostro piccolo, nelle nostre relazioni a volte distorte e malate, fondate sulla prevaricazione, sulla dipendenza, sull’interesse personale, sulla sete di potere e di denaro. Dobbiamo assolutamente prendere sul serio le parole di Gesù: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Non lasciarti dominare dalle logiche di questo mondo, perché, anche se vivi nel mondo, appartieni a Dio. Restituisci a Dio ciò che è suo, non lasciandoti dominare dalle schiavitù di questo mondo e vivendo finalmente da persona veramente libera.