-Dopo la parabola dei vignaioli omicidi, che rifiutano di consegnare il frutto della vigna al padrone, la liturgia ci propone un’altra parabola di Gesù, quella dell’invito alle nozze. Se confrontiamo i due racconti, ci accorgiamo che hanno caratteristiche simili: c’è una consegna, un rifiuto, una punizione e una nuova consegna che si apre ad un futuro nuovo. Con queste parabole, Gesù descrive la storia della salvezza. Dio ha preparato per il suo popolo una grande festa, la festa di nozze per suo Figlio. Lo sposo è Gesù, e tutta la storia converge verso di lui. Dio ha inviato i suoi profeti per invitare il suo popolo a partecipare alla sua opera si salvezza; ma ostinatamente il suo popolo lo ha rifiutato per seguire i propri idoli e le vie del proprio cuore. I profeti sono stati rifiutati, perseguitati, uccisi. Questo ha portato alla distruzione di Gerusalemme e alla deportazione del popolo in Babilonia. Ma Dio non viene meno alle sue promesse: per questo ha scelto un popolo nuovo, la Chiesa, fatta di poveri e peccatori che hanno accolto l’invito alle nozze e si sono seduti al banchetto della festa.
-La parabola non finisce qui: avviene che qualcuno si sia presentato senza abito nuziale: questo è stato cacciato dal banchetto. Dio ci ha chiamati gratuitamente nella sua Chiesa, ma questo richiede a ciascuno di noi un atteggiamento di vera conversione: occorre rivestirsi di Cristo, vivere come nuove creature. Questa è la condizione necessaria per essere salvati.
-Vediamo come queste parabole non sono storie a lieto fine come piacciono a noi: il Vangelo non è un libro di favole edificanti, ma ci rivela la nostra realtà e ci dice come esista la terribile possibilità di essere esclusi dalla salvezza e dalla vita eterna con il Signore.
-Chi è che rifiuta l’invito al banchetto di nozze? Non sono prima di tutto le persone che si comportano male o che non sono religiose, ma proprio quelli considerati più vicini. Quando facciamo una festa, noi invitiamo chi ci è più vicino ed ha un legame con noi. Questa parabola parla di tutti coloro che si dicono cristiani ma che non si sentono mai davvero chiamati in causa dal Vangelo. Si comportano bene, condividono i valori cristiani, ma hanno deciso che questo invito non è rivolto a loro. Sono autosufficienti nella fede, tutto dipende da loro; temono la gratuità del Vangelo, che non chiede altro che lasciarsi amare da lui, che dice che tutto è già pronto. Il più grande pericolo per la salvezza non sono i nostri peccati, ma la nostra presunzione davanti a Dio, la religione del fare. Per questo il Signore chiama i poveri, coloro che non hanno nessun titolo di merito da presentare.
-Oggi il Signore ci chiama personalmente: non avere paura di lasciarti amare, di vivere con me una relazione veramente gratuita. Finché vivi la religione come una prestazione nei confronti di Dio, un debito da pagare, o come qualcosa da dimostrare, tu non sarai mai felice. Solo se ti farai povero davanti a Dio e accetterai di ricevere tutto come dono e non come premio, potrai dire con san Paolo: «Tutto posso in colui che mi da la forza».