-Per la terza domenica consecutiva, Gesù ci racconta una parabola che ha a che fare con una vigna. Questo ci fa capire il grande valore simbolico che aveva la vigna nella vita del popolo di Israele. L’uva era considerata il segno della benedizione di Dio, e il vino segno della festa e della gioia. La vigna era anche simbolo dell’amore nuziale: da qui comprendiamo il poema del profeta Isaia, che parla di un cantico d’amore per la vigna. Dio è lo sposo, e Israele è oggetto delle sue tenere cure, del suo amore e della sua dedizione. Dio ha ripulito questa vigna, l’ha coltivata, l’ha custodita, nella speranza di raccoglierne frutti buoni, ma quella vigna ha prodotto uva acerba. A questo punto il padrone decide di abbandonare la propria vigna e di lasciarla andare in rovina.
-Gesù racconta una storia simile, dove però sotto processo non c’è la vigna, ma ci sono i contadini a cui è stata affidata, i quali non vogliono dare il raccolto al padrone. Il padrone allora toglierà la vigna ai contadini e la affiderà ad altri.
Due vicende drammatiche, senza lieto fine, perché la Bibbia non ci racconta degli ideali, ma la realtà della nostra storia, che è una storia segnata dal peccato. Eppure dentro a questa storia di peccato rimane una buona notizia. La buona notizia è che Dio ci ha amati da sempre, si è preso cura di noi, ci custodisce, nella speranza di vedere in noi dei frutti di santità. Dio scommette fino alla fine su di noi, non si arrende, anche correndo dei rischi. Ha mandato suo figlio Gesù per dirci che il suo amore è veramente grande e che è pronto a rischiare tutto per noi.
«La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo»: noi possiamo anche rifiutare ostinatamente Gesù nella nostra vita, ma lui rimane la pietra fondante, quella che sorregge tutto, che dà senso e bellezza alla nostra vita. «Questo è stato fatto dal Signore»: c’è qualcosa che sfugge al nostro controllo, perché lo fa il Signore, che lo vogliamo o no.
-Oggi lo vediamo nel segno del battesimo: quando un bambino riceve il battesimo, è come quella vigna piantata da Dio: questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi. Non conosciamo il futuro di quella vigna: dipenderà dai genitori, che sono i contadini a cui è stata affidata la vigna perché porti frutto; dipenderà dal battezzato, che crescendo sarà responsabile delle proprie scelte e del frutto che porterà. In ogni caso, Gesù è entrato per sempre nella vita di quella persona, la sua vita scorre nelle sue vene come la linfa nella vite.
-Questa parola ci riguarda su due fronti: noi siamo responsabili di noi stessi e di chi ci viene affidato. Siamo contemporaneamente la vigna del Signore, chiamata a portare frutti buoni, e i contadini, chiamati a prenderci cura di altri e a risponderne di fronte a Dio.
-Non scarichiamo sempre ad altri le nostre responsabilità! Non giustifichiamoci per i nostri peccati dando la colpa agli altri o alle circostanze esterne. Se nel mondo al posto della giustizia c’è spargimento di sangue e ci sono grida di oppressi è perché in troppi hanno messo a tacere la propria coscienza, a partire dalle piccole cose; e noi cristiani, vigna amata da Dio, troppo spesso rinunciamo a dare frutto secondo la nostra natura di figli di Dio.
-Occorre che ritorniamo a Dio, che ci ricentriamo su di lui; che lasciamo che la sua pace custodisca i nostri cuori e le nostre menti in Cristo Gesù.
Raccogliamo l’invito di san Paolo, per tornare ad essere una vigna ricca di frutti e contadini responsabili nei confronti degli altri, specialmente dei più piccoli, che non sono nostra proprietà, ma appartengono a Dio. Occorre una purificazione del cuore e dei pensieri, per ripartire con gratitudine dall’amore di Dio per noi. Pertanto, «quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri». E il Dio della pace sarà con noi.