Sono anch’io, Signore,
come i due figli della parabola.
A volte prometto di seguirti
ma la lingua è più veloce dei fatti,
o la volontà è più debole delle situazioni.
A volte mi arrendo subito,
ti confesso il mio cedimento e le mie paure,
e poi ci ripenso, avviandomi lentamente
sulla strada che mi hai tracciato.
Perché siamo così deboli e poco lineari,
così complessi e frastornati
dalle spinte interiori ed esteriori?
Tu ci comprendi ben oltre noi stessi,
sorvoli sui momenti di stanchezza,
non sei così duro nel volerci inflessibili.
Per questo lodi il ripensamento, se porta al bene,
e metti in guardia sull’incoerenza, se porta al male.
Per questo concludi scandalizzandoci,
citando pubblicani e prostitute pentiti
che ci passeranno davanti nel tuo Regno.
Prima o poi capiremo che il tempo e la misericordia
sono il tuo dono per salvare la nostra vita,
e renderla più leggera, vivibile, tua.
«Non ne ho voglia». Quante volte ce lo siamo sentiti ripetere dai nostri figli e nipoti!
Quante volte ci è capitato di pensarlo, per poi mettere da parte le nostre titubanze e fare ciò che avremmo dovuto. Chi esprime la sua mancanza di volontà in realtà si chiede: «Perché dovrei?». Sta cercando un motivo per cui valga la pena impegnarsi, metterci del proprio, scegliere quell’azione tra le mille che potrebbe fare. Capitò anche ai due figli della parabola narrata oggi nel Vangelo: il primo trovò una ragione, pur avendo in un primo momento rifiutato di andare a lavorare nella vigna. Il secondo fu pure ipocrita: dichiarò la propria obbedienza, ma appena il padre se ne fu andato svicolò dall’impegno preso.
Gesù constata che sono più disposti ad accogliere e seguire il messaggio di Dio pubblicani e prostitute che tanti devoti sacerdoti e capi del popolo. La loro volontà è debole, persi tra discussioni sterili, tradizioni macchinose, cavilli legali, formalismi e ipocrisie.
Si limitano a impegni di facciata, perché nel loro cuore c’è aridità e poco amore. Sono convinti di essere a posto e per questo difficilmente si convertiranno. Oggi è giusto chiederci in che modo ci stiamo impegnando nella costruzione del Regno.
Non soltanto negli eventuali ruoli che ricopriamo in parrocchia, ma nello stile con cui affrontiamo gli impegni quotidiani, nell’amore che spendiamo con le persone che incontriamo. Perché è questo che ci dà vita e gioia, è questo che desidera Dio per noi.