Si fa presto a dire perdono, Signore.
Ci hai concesso la facoltà di chiedertelo,
di esprimere il nostro pentimento
e proporci di cambiare,
e, con l’assoluzione del sacerdote,
la nostra coscienza torna immacolata.
Ma per noi perdonare davvero
è una questione molto più complicata.
Iniziamo a pesare la gravità del fatto subito,
accampiamo la necessità di tempo per digerirlo,
siamo più tolleranti con potenti e conoscenti,
perché intravediamo un possibile tornaconto,
mentre siamo inflessibili
con gli estranei e i lontani.
Il perdono − e tu lo sai Signore −
non è mai semplice e scontato.
Occorre una forza e una convinzione grande
per seppellire ira, odio e rancore.
Occorre tempo per sanare le ferite
e ricostruire una relazione,
senza la quale il perdono in realtà
è solo non pensarci più,
ma non dimenticare mai, non andare oltre mai.
Tu ci mostri come
non imputare le colpe, ma comprenderle;
come non giudicare,
ma immaginarci nelle storie degli altri;
come lasciare andare il dolore,
perché a conservarlo ci perderemo noi
e tutti quelli che avranno che fare con noi.
«Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Si-gnore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Ricordati della fine e smetti di odiare». Gesù avrà avuto in mente queste parole che oggi sentiamo dal libro del Siracide?
Sicuramente le aveva nel cuore. Altrimenti non avrebbe insegnato a pregare: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai no-stri debitori». Quante volte ci è chiesto di perdonare? A Pietro il numero di sette sarà già sembrato magnanimo, dal momento che nella teologia ebraica Dio perdonava lo stesso peccato tre volte; il giudeo osservante era tenuto a imitarlo, mentre alla quarta offesa poteva rivolgersi alla legge. Gesù corregge questa immagine di Dio, che è sempre disposto a perdonare. E invita i suoi discepoli a mettersi sulla stessa lunghezza d’onda. Per rafforzare questa richiesta narra la parabola del servo spietato. Ci indigna la diffe-renza di trattamento ricevuto e fatto subire dal protagonista. La sproporzione tra dieci-mila talenti (una ricchezza impressionante) e cento denari (una discreta somma) è un esempio della diversità che c’è tra i doni che riceviamo da Dio e quelli che possiamo e dobbiamo dare ai fratelli. Il perdono è forse quello che più ci costa, ma è anche quello che ci salva. E rende umana, schietta e vivibile la nostra società.
In occasione della festa della Parrocchia da sabato 16 settembre a domenica 24 settembre sarà allestita una pesca di beneficenza con ricchi premi.
Gli orari di apertura:
sabato 16/9 inaugurazione dalle 16.00 alle 18.30
Domenica 17/9 e 24/9 dalle 10.30 alle 12,30 e dalle 16.00 alle 18.30
Da lunedi’ 18/9 a sabato 23/9 dalle 16.30 alle 18.30
Partecipiamo numerosi , tutto il ricavato sarà devoluto alle necessità della Parrocchia.
È possibile sostenere l’azione di Caritas Italiana in questa emergenza, utilizzando il conto corrente postale n. 347013, o donazione on-line, o bonifico bancario specificando nella causale “Terremoto Marocco” tramite: • Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT 24 C 05018 03200 00001 3331 111 • Banca Intesa Sanpaolo, Fil. Accentrata Ter S, Roma – Iban: IT 66 W 03069 09606 100000012474 • Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT 91 P 07601 03200 000000347013 • UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063 119.