XXIV domenica T.O. anno A 17/9/2023
-In queste domeniche il Vangelo ci aiuta a ripensare a certe dinamiche tipiche di ogni comunità: non solo quella civile, ma anche quella ecclesiale. Ogni comunità è un insieme di persone legate tra loro da qualcosa di specifico: la comunità cittadina è formata dalle persone della stessa città, la famiglia è formata da persone accomunate da legami di sangue, eccetera. La comunità cristiana è formata da coloro che con il battesimo sono diventati figli di Dio e quindi sono tra loro fratelli e sorelle, legati da un unico sangue, quello di Cristo. È una comunità speciale, perché nascendo da Dio non segue le leggi umane, ma quella divina.
-Il problema è che l’appartenenza alla Chiesa non esclude il fatto che facciamo parte anche della comunità umana, dove siamo condizionati da leggi e da principi che non corrispondono con il Vangelo. Uno dei nodi più difficili da sciogliere è quello della giustizia. La giustizia umana non coincide con quella di Dio: questo rende il Vangelo particolarmente indigesto, perché noi tutti abbiamo un profondo senso della giustizia, che emerge soprattutto quando ci viene fatto un torto.
-La domanda che ci tormenta è: ma Dio è giusto o misericordioso? Non sembra possibile dire entrambe le cose, perché o una persona è giusta, rendendo a ciascuno quel che si merita, oppure è misericordiosa e allora perdona e condona il male che ognuno si meriterebbe per le proprie azioni.
-Se la giustizia umana si basasse sul Vangelo sarebbe un bel problema! Chi ci difenderebbe da chi compie il male? Ognuno si sentirebbe tranquillo nel danneggiare gli altri. Già ci lamentiamo quando la giustizia umana non funziona come dovrebbe (cioè molto spesso) … ma se la legge umana si basasse sull’amore del nemico o sul porgere l’altra guancia sarebbe un disastro totale!
-Chiariamo una cosa, per tranquillizzarci: il Vangelo non detta legge alla società civile. Per inquietarci invece aggiungiamo: il Vangelo è la forma di vita per ogni cristiano e dentro la comunità della Chiesa. Infatti la Chiesa è chiamata ad essere il segno efficace del regno di Dio che cresce nella storia; ogni cristiano è chiamato ad essere immagine viva di Cristo in questo mondo.
-Questo non significa che dobbiamo essere delle specie di alieni o di animali strani nella società: infatti noi abbiamo scoperto in Gesù e nel Vangelo la perfezione dell’essere umani. I cristiani non sono dei supereroi irraggiungibili, ma sono pienamente umani, e devono mostrare a tutti come essere davvero umani, cioè come siamo stati “programmati”.
-Le bellissime letture di oggi ci aiutano a capire questo: la semplice ricerca della giustizia su misura ha reso il mondo un inferno. Ogni guerra nel mondo è il frutto della presunta giustizia umana, perché nasce dal fatto che ognuno ritiene di avere ragione e che ognuno cerca la propria giustizia disinteressandosi di quella altrui. Se c’è tanta criminalità attorno a noi è perché ci si continua ad illudere che la soluzione sia mettere in prigione tutti quelli che fanno del male e buttare la chiave, privandoli di qualunque forma di dignità e di qualunque prospettiva di futuro diverso. In altre parole, la nostra giustizia parte dall’equiparare le persone a ciò che hanno fatto, ad inchiodarle al loro passato senza concedere loro un futuro. Se sei criminale, rimani tale.
-Qual è la soluzione per uscire da questo inferno che ci siamo costruiti? Semplicemente rimettere Dio dentro alle nostre relazioni e pensare che veniamo da lui e che dobbiamo tutto a lui. Se le persone sono in debito con me per un male o un’ingiustizia nei miei confronti, il debito che io ho con Dio è infinitamente più grande, e non potrò mai ripagarlo. Quando perciò coltiviamo l’ira, il rancore, la sete di vendetta (che noi chiamiamo giustizia perché suona meglio), siamo semplicemente ridicoli, come delle formiche che se la prendono con una pulce e non si accorgono che stanno per essere schiacciate da un elefante! Gesù lo esprime bene nella parabola dei due servi.
-Il perdono è una cosa seria. Non posso delimitarlo dentro a delle condizioni. Chiedermi quante volte devo perdonare l’altro significa che io vivo il perdono come una forma sottile di superiorità sull’altro, di dilazione della vendetta. Quante volte si sente dire che si è perdonato un torto, ma si è di fatto chiuso i rapporti con l’altro, non gli si parla più, non gli si offrono più occasioni per ricominciare. Il perdono è un’altra cosa. Il perdono porta con sé l’amore per l’altro, l’essere pronti a dare la vita per lui: impossibile per noi. Il perdono è divino, non possiamo dettare noi le regole.
-Noi cominciamo a perdonare solo quando siamo diventati una cosa sola con Gesù Cristo, e non viviamo più per noi stessi ma per lui, che non ha semplicemente sorvolato sui nostri peccati, ma li ha presi su di sé. Sei disposto a caricarti del peccato dell’altro? Allora possiamo iniziare a parlare di perdono e possiamo capire che quella è la vera forma efficace di giustizia. Infatti solo Dio è giusto: noi facciamo giustizia quando lasciamo a Dio il compito di giudicare, senza prendere il suo posto.
-Vi invito a riprendere in questa settimana queste letture, per riconoscere quanto abbiamo tutti bisogno di una profonda e urgente conversione personale e comunitaria. Non possiamo essere credibili se non diventiamo una comunità costruita sulla misericordia, dove ognuno riconosce di aver ricevuto una quantità infinita di perdono immeritato da condividere con i fratelli.
-Lasciamoci con questa parola del libro del Siracide, che è una delle più profonde della Bibbia, e che vale per credenti e non credenti: «Ricordati della fine e smetti di odiare». Ricordati della tua fine. È così breve la tua vita: perché perdere del tempo a odiare, a tenere il muso, a covare rancore, a mangiarti il fegato per i torti subiti? Usa questo poco tempo che hai (e non sai quanto sia) per amare, per creare futuro, per aprire strade nuove di fraternità, per promuovere una giustizia di vita e non di morte! Vedrai quanto la tua vita e quella degli altri diventerà più bella e feconda di pace.