Non sei tu, Signore, nel dolore
ma nel coraggio di attraversarlo
senza essere spezzati o distrutti da lui.
Non sei tu, Signore, nella notte
ma nella fede che, pur procedendo a tentoni,
gli ostacoli che troveremo non potranno farci male.
Non sei tu, Signore, nella fatica
ma nella lucidità che ci fa vedere la meta,
e il risultato meritato che conseguiremo.
Non sei tu, Signore, nel sudore
ma nel movimento che stiamo svolgendo
e nella gioia che vivremo nella quiete del riposo.
Non sei tu, Signore, nella distruzione
ma nella solidarietà di chi si fa carico di noi,
nella forza di ricostruire domani.
Non sei tu, Signore, nella croce ingiusta
ma nella certezza della propria correttezza
e nell’amore che riesce a non odiare.
Non sei tu, Signore, nella morte
ma nella speranza fiduciosa nella vita eterna,
nell’ultimo sguardo che scorge la Luce.
Le richieste che Gesù ci fa quest’oggi ci sembrano eccessivamente dure. Davvero è necessario rinnegare se stessi e caricarsi della croce per seguirlo? In effetti, è la strada che ha percorso lui. È importante ricordarci che la croce non viene da Dio. Non è mai una sua benedizione. Piuttosto, la giustizia, la verità e la miseri-cordia che egli chiede possono necessitare di fatica e sacrificio, scontrandosi con i poteri del mondo. Il termine adoperato dall’evangelista significa «raccogliere», «sol-levare» la propria croce, riferendosi all’asse orizzontale che doveva essere caricato sulle braccia e portato dal luogo della sentenza al luogo del supplizio dal condannato, lasciato solo tra gli insulti della gente. Tutti sperimentiamo che in certe situazioni è inevitabile accogliere la sofferenza, stringere i denti, gettare il cuore oltre l’ostacolo. È un passaggio obbligato per guarire, crescere, vincere o comunque raggiungere la meta. L’ingenuità di Pietro che, convinto della provenienza divina di Gesù, crede che sarà preservato da ogni male, ottiene un aspro allontanamento dal Maestro. In quel momento egli è Satana, cioè ostacolo a ciò che è inevitabile: «andare a Gerusalemme» (il cuore dell’Ebraismo), «soffrire a causa dei capi dei sacerdoti, degli anziani e degli scribi» (custodi di un volto errato di Dio), «venire ucciso» (rinunciare alla vita e ai valori terreni). L’unica strada possibile per «risorgere il terzo giorno» e spalancare agli uomini la porta dell’eternità.
Il Signore ci chiede di seguirlo, offrendo le nostre scelte, la nostra vita, tutto il nostro essere. Solo l’amore per il Signore, forte e totale, che nutre e rafforza la fede, può sostenerci in questo cammino che prevede la croce. Il Signore non promette la felicità in questo mondo, ma ci assicura che ci precede e ci accompagna in ogni passo e che ci aspetta il premio della vita eterna.