-Fin dal nostro battesimo noi portiamo un nome impegnativo: quello di “cristiani”. Cosa significa “cristiano”? Si tratta di un appellativo che non hanno inventato i discepoli di Gesù, ma quei pagani della città di Antiochia che avevano ricevuto la testimonianza di fede dei discepoli fuggiti da Gerusalemme a causa delle persecuzioni scoppiate dopo il martirio di santo Stefano. Possiamo immaginare il motivo per cui venne dato loro questo appellativo: erano uomini e donne che portavano sempre il nome di Cristo sulla bocca e che si sentivano una cosa sola con lui, vivevano per lui.
-Noi prendiamo il nome da Gesù Cristo. Non è solo un titolo d’onore o la denominazione di appartenenza ad una religione; perlomeno non dovrebbe essere così. Il Vangelo ci suggerisce invece che è Gesù Cristo a darci un nome ed un’identità nuovi, proprio come a Pietro. Lasciamoci illuminare oggi da questo racconto, che segna un punto decisivo nel ministero di Gesù.
-Ci troviamo ancora in terra pagana, a Cesarea di Filippo, città che richiama il dominio di Cesare, l’imperatore di Roma. Proprio qui Gesù interroga i discepoli sulla propria identità, come a ricordare che il vero nome che conta, il vero potere, non è quello dato dagli uomini, ma quello dato da Dio. Gli uomini sentono il bisogno di fregiarsi di titoli d’o-nore, come se fossero quelli a renderli importanti e a salvarli dall’oblio e dalla morte. Questo capita spesso anche nella Chiesa, dove se non hai una sigla davanti al nome o un titolo ufficiale sembra che non conti niente. Anche gli apostoli cercavano i primi posti nella comunità.
-Proprio a loro si rivolge Gesù con una prima domanda, che probabilmente voleva far emergere le chiacchiere che i Dodici si scambiavano sottovoce: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Forse per gli apostoli fu quasi un sollievo poter dire a voce alta ciò che fino a quel momento era solo oggetto di pettegolezzi, che a Gesù non piacevano. Probabilmente speravano che Gesù rivelasse quale fosse la risposta giusta. Gesù non dà però risposte: rigira la domanda a loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».
-Possiamo immaginare che si sia creato un silenzio imbarazzato, come se ora io chiedessi a voi: chi è per te Gesù? Tutti abbiamo paura di dare una risposta sbagliata e preferiremmo non rispondere. A noi piace parlare di Gesù, di religione, di Chiesa, esprimere opinioni, dare giudizi, commentare quel che dice il tale; ma se ci viene chiesto di dire apertamente chi è Gesù per noi, ci accorgiamo che non sappiamo che dire, se non qualche risposta imparata a memoria a catechismo.
-Simone non aveva fatto catechismo, nessuno gli aveva dato definizioni su Gesù: la sua risposta è ispirata dal Padre. E qui accade qualcosa di speciale: è Gesù a dire a Simone chi è davvero, gli rivela la sua identità profonda, che viene da una chiamata. Per tutti era Simone, il pescatore di Cafarnao; ma Gesù gli dice: «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». La sua identità più profonda viene dal suo rapporto con Gesù.
-Tutto questo è fantastico, e vale anche per noi, che veniamo chiamati cristiani: ci chiamiamo così perché non possiamo definirci senza il nostro rapporto con Cristo. Noi siamo molto di più di quello che la gente può vedere o sapere di noi. Noi siamo una missione in questo mondo, una cosa sola con Gesù Cristo, viventi in lui e per lui. La nostra vita in questo mondo è connessa con il cielo, così che possiamo sperimentare oggi ciò che saremo nella vita eterna.
-Pensiamo ai sacramenti: nella Comunione noi riceviamo il Corpo del Signore risorto che sarà la nostra gioia in Paradiso; nella Penitenza il Signore scioglie in cielo, mediante il servizio di Pietro e della sua Chiesa in terra, ciò che ci teneva schiavi del diavolo.
-Pensiamo alla carità: ogni gesto d’amore e di misericordia verso i piccoli e i poveri sono fatti a Gesù, che ci riconoscerà e ci accoglierà nel cielo proprio per questo.
-Celebriamo oggi la «profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio»: non c’è nulla che venga da noi, e i giudizi di questo mondo non valgono proprio nulla, anche se spesso gli diamo tanta importanza. La nostra consistenza e la nostra identità profonda vengono solo da Gesù Cristo: per questo coltiviamo ogni giorno il nostro rapporto con lui, e tutto facciamo per dare gloria a lui solo.