Come va la mia vita? Di cosa mi sto nutrendo?
È questa la domanda che mi inviti a pormi oggi, Signore. È vero: noi
diventiamo quello che abbiamo introitato. E se funziona con gli alimenti, ancor di più con il cibo mentale e spirituale. Mi nutro di gossip, di scandali e pettegolezzi, lontani o vicini, televisivi o lavorativi?
Allora sarò sempre pronto a giudicare, a criticare, a lamentarmi.
Mi nutro di oggetti, di cose da consumare, spesso usa e getta,
con un bisogno continuo di novità?
Allora dovrò rifornirmi abbondantemente di moneta contante, passando sopra altre esigenze: il rispetto e l’aiuto degli altri, il giusto riposo,
il valore del gratuito. Mi nutro di fantasie, di mondi virtuali, di giochi e bellezze che non potrò mai stringere, toccare, vivere? Allora mi chiuderò nel mio isolamento, sarò lontano dagli occhi e dal cuore della realtà.
Mi nutro di droghe, di scorciatoie e illusioni,
di farmaci che potenziano le mie forze?
Allora avrò imparato a barare, e non potrò più farne a meno,
anche quando il mio fisico ne chiederà il conto.
Mi nutro di pensieri negativi, al telegiornale dei reati e delle violenze, concludendo che il mondo è marcio
e non ci si può più fidare di nessuno? Allora sarò triste e prevenuto,
e avrò una sponda per giustificare le mie meschinità.
Ecco perché ho bisogno di Te.
Alla mensa del tuo Corpo tutto ciò svanisce,
lasciando spazio all’assenza di giudizio,
al primato dei valori umani su quelli materiali, alla realtà e alla lealtà,
al rispetto della vita, alla fiducia nell’amore.
Mi dici che è questo che salva il mondo,
qualche volta fruendone con gioia,
altre valicandolo per entrare nell’eterno.
«Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho distribuito agli uomini.
Perché no? Erano così affamati e da tempo».
Queste parole di Etty Hillesum, giovane ebrea morta nel campo di concentramento di Auschwitz dopo un profondo cammino spirituale, non sono lontane da quelle pronunciate da Gesù, e dai suoi sentimenti vissuti molti secoli prima. Egli era pronto: a morire, a farsi mangiare, a diventare nutrimento per i suoi discepoli affamati di speranza, di giustizia, di eternità. Ora si trattava di lasciare un segno della sua continua presenza e della sua costante azione dinamica per loro e per tutti. «Questo è il mio corpo che è dato per voi» (Lc 22,19). Un regalo che consentisse di «vivere per (= attraverso) il Padre e per Gesù», «in eterno», come evidenzia il Vangelo di oggi. Un simbolo efficace che rendesse avvertibile e stimolante la tenerezza del Padre e trasmettesse il coraggio e la forza del Figlio.
Il Mahatma Gandhi immaginava Dio come un immenso pane che sfama gli uomini sulla terra. Se la natura e la vita sono il suo primo e indispensabile dono, Cristo è l’ultimo e definitivo. Il sacrificio di Gesù è quell’azione sacra che rende perfettamente visibile l’amore, giungendo a offrire la vita per continuare a essere tale: amore senza rifiuti, vendette, fughe, bugie. Mangiando il suo pane, anche noi proveremo a essere briciole di cui altri possano nutrirsi. Saremo meno completi ed efficaci di lui, ma importanti per la vita e per il mondo.
La forza della Chiesa nel vivere la missione evangelizzatrice e nel costruire la comunione fraterna viene dall’Eucaristia. Credere alla presenza reale di Cristo nel pane e nel vino della cena eucaristica è obbedienza alla sua Parola. Ma è anche esperienza del dono che più di tutti gli altri dice e realizza la comunione con lui e tra di noi.
UNA MANO SUL CUORE
Recentemente la nostra Parrocchia ha sostenuto diverse spese straordinarie.
Rifacimento bagno nelle opere parrocchiali € 15.977; pulizia dei tetti dal guano dei piccioni da tetti e pluviali € 1.588; potatura, abbattimento e smaltimento alberi € 3.872.
Il Signore ricompensi coloro che vorranno contribuire, nella misura delle loro possibilità