-La gioia del tempo pasquale si prolunga anche oltre il confine dei 50 giorni segnato dalla Pentecoste, nelle feste di oggi (SS. Trinità) e della prossima domenica (Corpus Domini), per arrivare al venerdì successivo (S. Cuore di Gesù) e al sabato (Cuore Immacolato di Maria).
-Oggi celebriamo la SS. Trinità, cioè Dio. Può sembrare una festa inutile: tutti i giorni noi celebriamo Dio! C’era proprio bisogno di una festa dedicata? Diciamo che se ne è sentito bisogno ad un certo punto della storia, come si è sentito bisogno della festa del Corpo e del Sangue del Signore, per motivi principalmente dottrinali: occorreva affermare con forza in tutta la Chiesa la retta dottrina di fronte al propagarsi di eresie ed errori di fede.
-La festa della SS. Trinità nasce così per riaffermare solennemente la vera natura di Dio, che è uno solo in tre persone uguali e distinte, Padre e Figlio e Spirito Santo. C’era infatti chi metteva in dubbio la divinità del Figlio e dello Spirito Santo, chi li fondeva in una sola persona, chi li distingueva in tre nature diverse… tutte questioni che a noi che viviamo nel terzo millennio non appassionano affatto, ma per le quali i cristiani dei primi secoli hanno dato la vita. A noi rimane come traccia di tutto questo la formula del Credo che diciamo ogni domenica a Messa: un testo lungo e complesso, che riassume con molta precisione ciò che nei primi quattro secoli della storia della Chiesa si era arrivati a definire come il segno di riconoscimento tra cristiani in comunione con il Papa.
-Oggi non è che la situazione sia più semplice di allora: possiamo dire anzi che c’è molta più confusione su Dio oggi rispetto ai primi secoli. Almeno allora alla gente interessava capire, approfondire, esprimere una fede comune; oggi la fede è diventata per molti l’espressione di modi di sentire personali e opinabili, raramente radicata nella rivelazione di Dio e nell’insegnamento della Chiesa.
-Oggi però la soluzione non è partire dalle dottrine, proprio perché sono tutte messe in discussione e relativizzate. Occorre invece ripartire da come Dio ha rivelato se stesso. Chi di noi può dire qualcosa su Dio se non è Dio stesso a dirci chi è e se non facciamo esperienza di lui?
-Cosa dice di sé Dio nella Bibbia? Ascoltando queste letture vediamo che emerge un ritratto molto preciso di lui: è misericordioso, pietoso, lento all’ira, ricco di amore, fedele. Queste cose Dio non le dice soltanto, ma le realizza: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito». L’amore di Dio non è un principio astratto, ma si realizza in fatti concreti. Dio si rivela sempre facendo qualcosa, operando nella storia. Il problema per tanti cristiani è che Dio è stato tramandato come un concetto da sapere, e non come una persona viva da incontrare e di cui fare esperienza. Questo li ha portati inevitabilmente a non avvertire Dio come colui che opera nella loro vita, ma come una specie di idolo lontano da evocare quando si ha bisogno di qualcosa.
-Può aiutarci oggi ripercorrere l’esperienza di Mosè. Mosè era cresciuto alla corte del faraone, sapendo di essere ebreo ma non avendo mai avuto una vera esperienza del Dio di Israele. Fuggito lontano, si era fatto una vita senza più pensare al proprio popolo schiavo in Egitto. Ad un certo punto, è Dio a farsi incontrare da lui nel roveto ardente, per chiamarlo a liberare il suo popolo e per rivelargli il proprio nome: “Io sono colui che sono”. Mosè aveva accettato a malincuore questa missione, seguendo gli ordini di un Dio che ancora non conosceva davvero. Poi vide coi suoi occhi ciò che Dio compiva in Egitto e l’opera meravigliosa della liberazione del suo popolo. Salì sul monte Sinai per ricevere le tavole della Legge, facendo esperienza di un Dio a cui nessuno doveva osare avvicinarsi senza il permesso. Scendendo dal monte, Dio gli rivelò che il popolo si era fatto un idolo e minacciò di distruggerlo; ma Mosè si fece intercessore a favore del popolo.
-Vediamo come Mosè col tempo ha imparato a conoscere il Signore e a stare davanti a lui non più con la paura che si ha verso uno sconosciuto, ma con la confidenza di un amico. Dio gli ordina di tornare sul monte con altre due tavole di pietra; ma prima ancora di scrivere su queste tavole, Dio passa davanti a Mosè proclamando il proprio nome, rivelandogli il proprio mistero profondo. Mosè comprende ormai chi è il Signore: non il Dio lontano e inaccessibile, ma colui che cammina in mezzo al suo popolo. E così prega: «che il Signore cammini in mezzo a noi». Comprende che l’amore di Dio è più grande del peccato del popolo e sa di poter confidare totalmente sulla fedeltà di Dio alle sue promesse.
-Il Signore ci conceda di poterlo conoscere così, come il Dio che cammina con noi, che desidera che il mondo sia salvato per mezzo del suo Figlio Gesù; il Dio a cui possiamo davvero rivolgerci con fiducia come ad un amico.