-Questa seconda domenica di Pasqua viene chiamata anche “domenica della divina misericordia”; e davvero la misericordia di Dio è il primo frutto della Pasqua, come abbiamo sentito nel Vangelo: Gesù risorto dona subito agli apostoli il suo Spirito Santo, che li rende strumenti efficaci del perdono di Dio.
-Ma possiamo anche chiamare questo giorno la “domenica della fede”, perché di questo si parla: della fede di Tommaso e di quella di tutti coloro che pur non avendo visto hanno creduto e crederanno.
-Con il battesimo noi abbiamo ricevuto da Dio il dono della fede. Ma sappiamo bene che la fede non è una cosa che ci si mette in tasca e si usa quando serve: la fede è un processo, come quello che porta un seme a germogliare e a diventare una pianta che dà frutto. Buona parte di questo processo avviene di nascosto, nel cuore della terra; eppure è un processo potente e meraviglioso, e al tempo stesso drammatico: lo abbiamo sperimentato tutti nella nostra vita.
-Il tema della fede ci richiama diversi problemi della Chiesa di oggi. Quello che sembra più evidente e doloroso è l’allontanamento dalla fede di molti, la tiepidezza che coglie la fede delle persone man mano che diventano adulte. Oggi la maggior parte dei cristiani dalle nostre parti si definisce “credente non praticante”. Con tutto il rispetto per la vita di fede di ciascuno, si tratta di un’espressione contraddittoria, semplicemente perché la fede cristiana è una fede incarnata, e Gesù stesso nel Vangelo afferma che «non chi dice “Signore, Signore” entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli». Gesù stesso poi ci comanda «fate questo in memoria di me»: come posso sentirmi dentro la volontà di Dio se non faccio quello che Gesù mi ha comandato, se non celebro ogni domenica la sua Pasqua e non cammino con i fratelli e sorelle della comunità, ma mi illudo della mia presunta fede intimistica e “fai da te”?
-Penso però che ci sia un altro problema ancora più grosso nella nostra Chiesa di oggi, che non sono i credenti non praticanti, bensì i praticanti non credenti! Si tratta di coloro che presumono della propria fede in quanto vanno in chiesa, ma senza mai davvero vivere un cammino di fede, considerando la fede una sorta di dato di fatto, di stato sociale, di spazio occupato più che di processo in corso.
-La figura scomoda di Tommaso nel Vangelo di oggi credo che contesti proprio questa presunzione di fede agli altri discepoli che gli annunciano il loro incontro con Gesù risorto. In effetti, per tutti noi è abbastanza facile professare la nostra fede, soprattutto quando siamo tra di noi; ma che cosa rispondiamo a coloro che delle nostre parole non se ne fanno nulla, ma vogliono vedere e toccare i segni della croce di Cristo come segni di autenticità di ciò che noi diciamo? Siamo in grado di condurre tanti Tommaso, che sono in ricerca sincera della fede, a fare questa esperienza?
-Certo, possiamo risolvere questo dubbio dicendo: «beati quelli che non hanno visto e hanno creduto». Ma rimane vera l’esigenza di Tommaso: non voglio un Gesù risorto che mi metta la coscienza in pace, che mi svegli da un brutto sogno e mi convinca che non è successo niente. Ho bisogno di sperimentare che Gesù risorto è colui che è stato crocifisso, che è morto della mia stessa morte e che si è fatto carico delle mie ingiustizie e dei miei peccati. Ho bisogno di verificare che la risurrezione di Gesù non riguarda lui, ma me, le mie croci e i miei drammi umani. Ho bisogno di cristiani che mi facciano vedere cosa significhi risorgere, perché loro sono dei morti che hanno ricevuto la vita. Di una comunità come quella descritta oggi negli Atti degli apostoli, povera eppure ricca di comunione e di amore reciproco dentro a un mondo che vive di ben altre logiche.
-Che comunità siamo noi, Chiesa di oggi? Una comunità che rende presente il Cristo crocifisso e risorto o una comunità di praticanti non credenti? Una comunità la cui fede è provata al fuoco, che coltiva una speranza viva di fronte alle avversità e alla morte o una scuola di dottrine astratte da credere e di regole da osservare per essere bravi “praticanti”?
-Oggi Gesù entra in mezzo a noi e ci porta il suo Vangelo, perché non solo crediamo che lui è il Figlio di Dio, ma anche perché credendo abbiamo la vita nel suo nome. Questo ci chiede Tommaso e questo è il servizio che noi dobbiamo rendere al mondo: meno risposte non richieste, e più fede intesa come cammino e vita concreta, come ricerca continua in mezzo al buio di questo mondo.