V domenica di quaresima anno A 26/3/2023
-L’ultimo dei tre grandi simboli di questo cammino verso la Pasqua e della nostra riscoperta del nostro battesimo è quello della “vita”. Gesù in queste domeniche si è rivelato come colui che dà l’acqua viva per saziare la nostra sete di verità e di senso; come la “luce del mondo”; infine oggi come “la risurrezione e la vita”. Capiamo bene come questa sia la rivelazione più grande di Gesù, che celebreremo solennemente nella Pasqua. Gesù non è semplicemente “colui che dà la vita”, come se la vita fosse un dono che lui ci porta; la vita è lui stesso. Non si tratta della vita biologica, ma della Vita nel senso più profondo del suo significato. Non sempre la vita biologica è percepita come qualcosa di bello e di desiderabile, soprattutto quando porta con sé un carico di sofferenze fisiche o morali. Quante persone desiderano morire, o per il peso dell’anzianità, o per le sofferenze fisiche, o per eventi o relazioni che fanno dell’esistenza un inferno e portano alla disperazione. In realtà si tratta sempre non del rifiuto della vita, ma del rifiuto di un certo tipo di vita: tutti in realtà sappiamo quanto sia bella la vita nel suo mistero più profondo, e proprio per questo non riusciamo ad accettare l’esistenza in questo mondo quando porta in se stessa i segni della morte.
-Il popolo di Israele, nel suo cammino di comprensione di tutto questo, era arrivato alla fede nella risurrezione dei morti e nella vita oltre la morte. Non è possibile che la vita come la sperimentiamo in questo mondo, segnata dal peccato e dalla sofferenza, sia pienamente vita, sia la vita come Dio l’ha pensata per noi. Per questo Marta davanti a Gesù ripete la professione di fede di Israele: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Anche noi lo ripetiamo nel Credo ogni domenica: «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà».
-Gesù porta a compimento questa fede, dicendo «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno». La vita che cerchi per te e per i tuoi cari non si riduce al soffio vitale che ti mantiene vivo in questo mondo. Lo stesso Lazzaro, che viene riportato alla vita, tornerà a morire. La vita che cerchi è la persona di Gesù, e ti viene donata già oggi se credi in lui e non ti sarà mai tolta se vivi in lui. Questa è la buona notizia che oggi ci viene annunciata: la fede non è questione di dottrine da credere e ripetere, ma di un incontro vivo con Gesù Cristo. La fede in lui ti permette di vivere davvero, liberandoti della paura della morte: ti rende capace di vivere anche dentro le prove più terribili che la vita ti riserva, anche quando sei inchiodato alla croce!
-Il Vangelo di oggi è ricchissimo di spunti e non è possibile soffermarci su tutti. Mi sembra bello però sottolineare la presenza dei personaggi che stanno guidando il nostro cammino pastorale di quest’anno, cioè Marta e Maria, sorelle di Lazzaro. Noi le conosciamo specialmente per quel racconto del Vangelo di Luca nel quale Gesù si trova ospite a casa loro: Marta è presa dai molti servizi, mentre Maria se ne sta ai piedi di Gesù per ascoltarlo. Oggi le vediamo alle prese con il mistero della morte, che colpisce tutte le famiglie e che rivela ciascuno per quello che è. Così vediamo che Marta non è quella persona così presa dagli affanni della vita da non coltivare una profonda fede in Dio; al tempo stesso, Maria non è quella discepola perfettina che magari ci immaginiamo, forte di una fede inattaccabile. Qui Marta fa la sua professione di fede e spera in Gesù quando tutto sembra perduto; Maria invece sembra cedere al dolore e alla disperazione. Questo ci mostra come non possiamo catalogare le persone con i nostri schemi monolitici e statici.
-La morte rivela quello che siamo nel profondo, perché va a toccare il punto essenziale della nostra fede. Noi crediamo non in un Dio che ci salva “dalla” morte, ma in un Dio che ci salva “nella” morte. Gesù non interviene in tempo prima che Lazzaro muoia, ma fuori tempo massimo, perché noi possiamo credere che Dio è Dio proprio in quanto entra in gioco quando l’uomo non può più fare nulla, se non dire «se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto».
-Per questo i cristiani di fronte alla morte vivono la stessa sofferenza di tutti gli altri, come lo stesso Gesù, che piange e si commuove profondamente davanti alla tomba dell’amico Lazzaro. Ma la tristezza non cede il passo alla disperazione, bensì alla speranza: sappiamo infatti che il nostro Dio è entrato nella morte per darci la vita, quella vera.
-Questa fede in Dio che vince la morte ci porta ad obbedire al comando di Gesù, a togliere la pietra dai sepolcri del nostro cuore, per lasciare che lui porti vita dove noi crediamo ci sia solo morte e decomposizione: le nostre paure, le nostre ipocrisie, i giudizi che distruggono gli altri, le offese, le chiusure verso gli altri, l’orgoglio, quei peccati che non vogliamo consegnare a Dio e che così corrompono silenziosamente il nostro cuore e la nostra mente giorno dopo giorno…
«Vieni fuori!» e sperimenta in questa Pasqua la vita nuova, la vita vera, che è vivere e credere in Gesù, essere una cosa sola con lui.