-Dopo la catechesi della Samaritana e il segno dell’acqua, in questa domenica ci viene riproposto il Vangelo del cieco guarito e il segno della luce. Fin dall’antichità, il cammino ultimo di preparazione al battesimo veniva chiamato “illuminazione”: non ha niente a che fare con le pratiche legate alle religioni orientali, che considerano l’illuminazione un processo che si basa sugli sforzi intellettuali e fisici dell’uo-mo, che prende le distanze da tutti i condizionamenti terreni e punta ad uno stato di indifferenza disincarnata rispetto alla realtà; nel Vangelo è chiaro che la luce viene da fuori, dall’incontro con Gesù Cristo, e ci fa vivere ancora più immersi nella realtà di questo mondo, sostenendone anche i pesi e le contraddizioni.
-Sono tantissime le suggestioni che ci vengono da questa Parola che abbiamo ascoltato. Proviamo a coglierne almeno qualcuna.
-La prima ci viene dal racconto della chiamata di Davide: Dio insegna al profeta un criterio fondamentale, che è quello di non guardare le persone con uno sguardo umano, ma con quello di Dio: l’uomo vede l’apparenza, il Signore vede il cuore.
-Questo principio lo vediamo realizzato nel Vangelo. I discepoli nella cecità di quell’uomo vedono la conseguenza di un peccato; Gesù ci vede invece la via che Dio ha scelto per manifestare le sue opere. Questa è la risposta misteriosa di Gesù alla grande domanda dell’umanità sul perché della sofferenza. Non è una risposta facile né comoda: noi di solito davanti al male cerchiamo i colpevoli, mentre Gesù ci insegna a vedere che Dio è più forte del male e che mostra la sua grandezza proprio passando attraverso il mistero del male. Questo si realizza pienamente nella morte di Gesù sulla croce: proprio entrando nella morte, Dio l’ha vinta alla radice. Non ha fatto sparire la morte, ma l’ha svuotata della sua forza interiore. Solo l’occhio della fede ci permette di vedere e di comprendere questo, mentre l’umanità rimane senza risposte e senza pace di fronte a tutto questo.
-Altro esempio: il cieco guarito non è visto da tutti allo stesso modo: qualcuno vede nella sua guarigione l’opera di Dio; ma i farisei non riescono a vedere altro che la trasgressione di una legge.
-Questa parola deve interrogarci, perché è di grande attualità. Ci troviamo infatti in un mondo che non sa più guardare le cose per come stanno, ma per come conviene farle apparire. Si manipola continuamente la realtà delle cose, così da creare delle verità parallele. Ad esempio, si sta facendo un lavaggio del cervello per convincere la gente che l’essere maschi o femmine non è una questione oggettiva naturale, ma un fatto culturale e mutevole: si è quello che ci si sente. Si fanno passare l’aborto e l’eutanasia come traguardi di libertà e di dignità, anziché riconoscere quello che sono, omicidi volontari di innocenti. Si dipingono gli sbarchi nel Mediterraneo di profughi dall’Africa e dal Medio Oriente come un’invasione, quando un numero molto superiore di profughi dall’Ucraina è stato accolto a braccia aperte: tutta questione di colore della pelle, di pura apparenza e di luoghi comuni. L’ideologia tante volte ci acceca: da qui il proliferare di notizie false, che pian piano diventano vere. Chi, come il cieco guarito, dice semplicemente le cose come stanno, libero da condizionamenti, viene emarginato e perseguitato.
-Un’altra suggestione viene dalla seconda lettura: san Paolo ci ricorda che se siamo luce, un tempo eravamo tenebra. Il nostro essere luce è dono di Dio e nasce dalla consapevolezza di essere dei ciechi guariti, dei peccatori perdonati. Nel racconto del Vangelo l’unico che ci vede davvero e che fa luce sulle cose è il cieco guarito, che compie un cammino di fede che lo porta a vedere non più con gli occhi del corpo ma con quelli della fede. Tutti gli altri, che credono di vederci molto bene ed esprimono giudizi su tutto, appaiono come i veri ciechi: infatti nessuno è disposto a mettersi davvero in cammino di ricerca della verità, ognuno pensa di possederla già. Gesù sottolinea questo nelle ultime parole del racconto.
-Anche questo aspetto ci deve profondamente provocare: l’essere dei credenti e praticanti non ci salva dal pericolo della presunzione, del crederci a posto con Dio e in grado di giudicare tutto e tutti. Il fatto che nelle nostre comunità siano così pochi coloro che fanno un cammino di crescita nella fede e di conversione è preoccupante: forse assomigliamo a questi farisei del Vangelo, che credono di vederci, e per questo il loro peccato rimane. Come puoi seguire Cristo senza camminare? Come puoi essere illuminato se non ascolti e non mediti mai la Parola di Dio? Come puoi pretendere di conoscere il Signore se non hai mai tempo per fermarti con lui nella preghiera?
«Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà»