II domenica di Avvento anno A 4/12/2022
-L’Avvento è il tempo in cui riecheggiano le grandi promesse di Dio, attraverso la voce dei profeti. Per questo è un tempo liturgico di grande consolazione e di speranza, soprattutto per noi, che viviamo in un’epoca di profonda incertezza: il rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese parla di un sentimento diffuso di malinconia e di paura di fronte al crollo di tante certezze e al concretizzarsi di fenomeni gravi come la pandemia, la guerra, gli effetti devastanti del riscaldamento globale, l’inflazione alta, il caro bollette. A queste cose, come comunità cristiana, possiamo aggiungere la percezione sempre più netta di un declino della fede e della partecipazione ecclesiale, che rischia di affaticarci e di spegnere in noi la speranza, il nostro desiderio di comunione e la nostra spinta missionaria.
-Ascoltare Isaia ci apre il cuore alla speranza, quando ci annuncia la pace come ritorno all’armonia di tutta la creazione. Certo, può apparirci come un’utopia irrealizzabile, una pia illusione, come doveva apparire anche al popolo che ascoltava queste promesse nel tempo dell’invasione assira del regno di Israele.
-Dio non fa mai promesse facili, fin da quando chiamò
Abramo promettendogli una discendenza e una terra. Ma Dio si fa riconoscere perché rimane fedele alle sue promesse, anche di fronte a situazioni che le fanno sembrare impossibili da realizzare.
-Come fu per Israele, così anche per noi: di fronte ai nostri fallimenti, alle tragedie che ci toccano e a volte ci travolgono, Dio rilancia la sua promessa. Dal tronco reciso del regno di Davide, figlio di Iesse, a cui Dio aveva promesso una discendenza che avrebbe regnato per sempre, nasce un germoglio. Dal tronco della tua vita, reciso dagli eventi della vita, da una malattia, dalla morte di una persona cara, dal fallimento di una relazione, dalla perdita del lavoro o dei tuoi beni, Dio fa germogliare una vita nuova, un piccolo germoglio. Chi era abituato a vedere la magnificenza e la bellezza di quell’albero, il germoglio può apparire insignificante. Eppure da lì Dio ti promette di realizzare le sue meraviglie.
-La fede non si alimenta di segni grandiosi ed evidenti di potenza, ma di attesa fiduciosa del compiersi delle promesse impossibili di Dio. Abbiamo bisogno di ritornare ad ascoltare la Parola di Dio riconoscendo in essa non degli insegnamenti astratti, ma le promesse di Dio per noi. L’esperienza del fallimento, delle ingiustizie e delle amarezze della vita ci porta facilmente ad un senso di disillusione e di rassegnazione. Da qui nasce una fede spenta, intimistica, tutta basata sulla pratica formale di regole e di atti di culto, priva della dimensione profetica della speranza. Da qui viene anche la chiusura alla misericordia di Dio, che è una porta aperta sul nostro futuro, mentre noi ci rifugiamo volentieri nel ricordo nostalgico del passato o nella lamentela sul presente.
-In questo non siamo molto diversi dai farisei e sadducei che andavano a farsi battezzare da Giovanni, ma senza confessare i propri peccati, perché in fondo si sentivano già a posto così.
«Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente?». Cosa ti fa credere che il giudizio di Dio su di te sia buono, tu che non ti fidi delle sue promesse e fai della religione uno specchio per ammirarti?
«Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre”». A che serve se sei un bell’albero pieno di foglie, ma non dai frutto? A che serve se sei battezzato e cresimato e vai a Messa ogni domenica, se poi la tua vita di fede è appiattita sul presente e non si protende al futuro che Dio ti offre? Dio ti promette di vivere una vita nuova, secondo il Vangelo, e tu ti accontenti della tua vita vecchia e delle tue abitudini, perché in fondo tu non credi che Dio possa fare di te un santo, uno strumento del suo amore e presumi che lui si accontenti del tuo essere una brava persona che si fa i fatti propri.
-Viene Gesù, e «vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»: vi immergerà nell’amore di Dio, se voi vi fiderete di lui e delle sue promesse. La radice di Iesse, cioè la croce di Gesù, sarà un vessillo per voi e per tutti i popoli. Voi sarete il segno di come le promesse impossibili di Dio si compiono nella storia. Lui infatti farà di questo sempre più piccolo gregge che è la sua Chiesa una luce e un segno di pace per tutti.