Chi avrebbe scommesso qualcosa sulla conversione di Zaccheo? Sovrintendente degli esattori delle tasse, ricco e odiato; scomunicato dai sacerdoti, sanguisuga per i poveri, approfittatore del potere romano; e così lontano dalla sobrietà di Gesù. «Hai compassione di tutti, Signore; chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu ami le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato» ci ricorda il libro della Sapienza nella Prima Lettura.
Forse Zaccheo è soltanto incuriosito da Gesù; il disgusto da cui è circondato, insieme alla bassa statura, lo convincono a nascondersi su un albero d’alto fusto. Inaspettatamente, Gesù alza lo sguardo su di lui e vede una possibilità di salvezza. Chiamandolo per nome e offrendogli di pranzare insieme gli restituisce tutta la dignità di essere umano creato e amato da Dio. A lui non interessano le critiche dei malpensanti: c’è in gioco una pecora smarrita, ma anche la realizzazione del Regno di giustizia che Dio ha in mente per gli uomini.
Quella persona odiata cambierà la storia della città, perché non si limiterà a tornare a seguire la Legge, ma saprà rendere concreta la sua solidarietà. Nella tradizione ebraica la massima offerta a favore dei poveri era un quinto dei propri beni. E in caso di furto obbligava alla restituzione del doppio. Zaccheo dà ai poveri la metà dei propri beni, e a chi ha derubato restituisce quattro volte tanto. Davvero l’amore è entrato nella sua casa.
Christine Roy era una quarantenne di famiglia cattolica che da tempo non si curava più della fede e ne era fiera: «Né Dio né padrone: facevo quello che volevo ed ero libera da ogni costrizione». Ma non era felice; anzi, in una notte di scoramento e di disperazione, si recò in un campo vicino alla discarica del suo paese con propositi suicidi, considerandosi essa stessa un rifiuto. Racconta: «Istantaneamente, ho visto un raggio di luce scendere dal cielo, come quello di un potente proiettore. In un istante, non soffrivo più, non avevo più freddo. Ho sentito che quel raggio di luce, nel quale ero immersa, era Qualcuno, una persona: l’Amore in tutta la sua purezza e la sua potenza e, interiormente, ho detto: “Ma allora esisti!”. Dio era lì per me, e al contempo ovunque nell’universo. Sono rimasta lì, avvolta da quella magnifica luce silenziosa, e ho avuto pure la certezza che Dio non mi avrebbe tolto nulla della mia personalità». La fiducia tornava a scorrere nelle sue vene. L’indomani si svegliò «con una gioia immensa e la voglia di gridare al mondo intero: “Dio esiste e ci ama infinitamente!”». Così ha continuato la sua testimonianza, nutrita dall’appuntamento quotidiano dell’adorazione e della Messa.
Gesù, accusato di essere amico dei peccatori, non ha smentito, e ha semplicemente affermato di essere venuto proprio a cercare e salvare i peccatori. Con Zaccheo addirittura si autoinvita a casa sua. Questo desiderio del Signore arriva fino a ciascuno di noi, perché vuole abitare dentro di noi, e lo realizza nell’Eucaristia, come sacramento, e ogni giorno quando amiamo i fratelli.
Zaccheo però ha dovuto affrontare alcuni ostacoli per incontrare Gesù. Non è stato facile per lui. Ha dovuto affrontare alcuni ostacoli, almeno tre, che possono dire qualcosa anche a noi.
Il primo ostacolo è la bassa statura: Zaccheo non riusciva a vedere il Maestro perché era piccolo. Anche oggi possiamo correre il rischio di stare a distanza da Gesù perché non ci sentiamo all’altezza, perché abbiamo una bassa considerazione di noi stessi. Questa è una grande tentazione, che non riguarda solo l’autostima, ma tocca anche la fede. Perché la fede ci dice che noi siamo “figli di Dio, e lo siamo realmente”: siamo stati creati a sua immagine; Gesù ha fatto sua la nostra umanità e il suo cuore non si staccherà mai da noi; lo Spirito Santo desidera abitare in noi; siamo chiamati alla gioia eterna con Dio! Questa è la nostra “statura”, questa è la nostra identità spirituale. Zaccheo aveva un secondo ostacolo sulla via dell’incontro con Gesù: la vergogna paralizzante. Possiamo immaginare che cosa sia successo nel cuore di Zaccheo prima di salire su quel sicomoro, ci sarà stata una bella lotta: da una parte una curiosità buona, quella di conoscere Gesù; dall’altra il rischio di una tremenda figuraccia. Zaccheo era un personaggio pubblico; sapeva che, provando a salire sull’albero, sarebbe diventato ridicolo agli occhi di tutti, lui, un capo, un uomo di potere, ma tanto odiato. Ma ha superato la vergogna, perché l’attrattiva di Gesù era più forte. Non lasciatevi anestetizzare l’anima, ma puntate al traguardo dell’amore bello, che richiede anche la rinuncia, e un “no” forte al doping del successo ad ogni costo e alla droga del pensare solo a sé e ai propri comodi. Dopo la bassa statura, dopo vergogna paralizzante, c’è un terzo ostacolo che Zaccheo ha dovuto affrontare, non più dentro di sé, ma attorno a sé. È la folla mormorante, che prima lo ha bloccato e poi lo ha criticato. La folla, quel giorno, ha giudicato Zaccheo, lo ha guardato dall’alto in basso; Gesù, invece, ha fatto il contrario: ha alzato lo sguardo verso di lui. Lo sguardo di Gesù va oltre i difetti e vede la persona; non si ferma al male del passato, ma intravede il bene nel futuro; non si rassegna di fronte alle chiusure, ma ricerca la via dell’unità e della comunione; in mezzo a tutti, non si ferma alle apparenze, ma guarda al cuore. Gesù guarda il nostro cuore, il tuo cuore, il mio cuore.