La liturgia odierna continua il discorso sulla ricchezza affrontato la scorsa settimana, che diventa ancor più concreto. Il brano del profeta Amos stigmatizza gli «spensierati (…) distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani» mangiare cibo pregiato, bere «vino in larghe coppe», ricoprirsi di «unguenti raffinati», senza preoccuparsi della rovina del propria società. L’uomo ricco senza nome della parabola di Gesù indossa «vestiti di porpora e di lino finissimo» e si dà «ogni giorno a lauti banchetti», senza accorgersi del povero che sta «alla sua porta», coperto di piaghe e «bramoso di sfamarsi» con ciò che avanza e cade «dalla tavola del ricco». Difficile non sentirsi toccati in prima persona da questi esempi, soprattutto pensando al «contrappasso» che la parabola prevede, nell’aldilà. L’uomo ricco si dimostra persino sensibile chiedendo di mettere in guardia i suoi fratelli per evitar loro certi tormenti, ma la risposta che Gesù mette in bocca ad Abramo è netta: hanno la legge di Mosè, hanno i testi dei profeti; non sarebbero persuasi «neanche se uno risorgesse dai morti».
Né i testi sacri dell’Antico Testamento né Gesù disdegnano la gioia e il benessere, se vissuti nella condivisione e nella carità, nella giustizia e nella verità. Dio non gode della nostra sofferenza, ma siamo noi a tenerci fuori dal suo regno se non apprendiamo la solidarietà, come figli dello stesso Padre.
Gesù, tu che hai lavato i piedi a poveri pescatori,
aiutaci a comprendere che i piedi dei poveri
sono il traguardo di ogni serio cammino spirituale.
Quando ti curvasti sui calcagni dei tuoi discepoli
ci hai fatto capire verso quali basiliche
dovremmo indirizzare il nostro pellegrinaggio.
Nelle beatitudini ci hai detto che i poveri sono beati,
cioè che sono i poveri coloro che si salvano.
Ma poi hai anche aggiunto:
«Benedetti voi quando aiutate il povero,
quando gli date da mangiare o da bere,
quando l’ospitate o lo visitate».
Dunque si salvano i poveri e coloro
che sono solidali con i poveri.
«Beati voi poveri, perché vostro è il regno dei cieli».
«Venite nel regno, benedetti, perché avevo fame
e mi avete dato da mangiare».
In altre parole, Tu ci stai dicendo:
«Benedetti coloro che servono i poveri,
coloro che fanno causa comune con i poveri».
Aiutaci, Gesù, a essere così solidali con i poveri
da esserne loro amici e fratelli.
Aiutaci, Gesù, a saperti riconoscere nei poveri
e nei sofferenti, affinchè essi ci accolgano
un giorno nella casa del Padre!
Aiutaci, Gesù, a saperti riconoscere nei poveri e nei sofferenti,
affinchè essi ci accolgano un giorno nella casa del Padre!
(mons. Tonino Bello)
ASCOLTARE IL RISORTO
Ancora una parabola su ricchezza e povertà; però questa volta la domanda non riguarda il modo di usare la ricchezza, ma il modo di interpretare il senso della vita. Inoltre ci è chiesto di dire a chi crediamo nel fare le scelte decisive. Non credere ai profeti, e per noi non credere a Gesù morto e risorto, conduce a vivere una vita votata al fallimento.
«Abbiamo bisogno di guardare al futuro nonostante il mondo nel quale viviamo ci preoccupi per la presenza di tanta ignoranza e pregiudizio, e perché segnato dalla violenza e dalla guerra. Tutto ciò è il contrario dell’educazione. Alcuni di voi hanno conosciuto i ragazzi dell’Ucraina che sono venuti nei mesi scorsi. Li avete accolti con tanta gioia loro e con tanta consapevolezza vostra. Nel loro Paese, purtroppo, molti non potranno andare a scuola, anche per questo dobbiamo realizzare un mondo dove la conoscenza dell’altro non serva per distruggere ma per costruire. Ciò che vi auguro è la speranza. Essa si manifesta anche nella scuola che, nonostante sia a volte faticosa, resta un’avventura straordinaria e ci aiuta a comprendere la vita. In questo c’è per me, da credente, un grande maestro, Gesù, che ci insegna a voler bene al prossimo: è questa la materia più bella e che rende belle anche le altre. Lui vi starà vicino e vi aiuterà sempre a guardare con speranza al futuro».