Sembrano un ideale troppo elevato le tre condizioni che Gesù nel Vangelo odierno chiede a chi vuole essere suo discepolo. Amarlo «più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita»; portare «la propria croce», dietro di lui; rinunciare a «tutti» i propri «averi». Ci viene spontaneo guardarci intorno e notare che questi atteggiamenti sono rari persino nelle gerarchie ecclesiastiche. E rischiamo di archiviare questi tre suggerimenti come impossibili, dimenticandoci di cogliere le loro giuste istanze. C’è una notevole differenza tra il gettare la spugna e l’incamminarsi in quella direzione, pur riconoscendo le nostre piccole conquiste.
Gesù ci attende sulla strada della sobrietà, dell’accettazione della fatica e del dolore, dell’amore verso la vita e il suo Dio. Per qualcuno una piccola rinuncia sarà un buon passo in avanti; ad altri, a tempo opportuno, non peserà la scelta radicale della donazione di sé a Cristo, abbandonando la propria famiglia e offrendo persino la propria vita. Non dobbiamo dimenticare che sarà la morte stessa a sradicarci da ciò che possediamo materialmente e affettivamente, portandoci al cospetto di Dio con i soli valori spirituali che avremo saputo conservare.
Siamo però riconoscenti a quei grandi cristiani della storia che hanno testimoniato la possibilità di raggiungere le vette indicate da Gesù. Il loro esempio è stimolante anche per noi.
Fa’, o Signore, che l’uomo
sia grande e santo.
Dagli il dono della notte:
una notte profonda,
in cui si spinga il più lontano possibile,
una notte che profumi di glicine
leggera al soffio dei venti…
E perché l’uomo giunga
alla sua maturità,
risuscitagli il cuore dell’infanzia
e allo stupore riaprilo
dei primi anni densi di presagio.
Rivela a lui, Signore,
ciò che giace in fondo alla sua anima
e donagli di vegliare
fino all’ora della morte.
(Rainer Maria Rilke, scrittore)
Suor Gloria Cecilia Narvaez «ha saputo offrire la sua vita in cambio di un’altra sorella più giovane, superando paure e non fuggendo minacce. Lei è una testimone della missione evangelizzatrice». Scrive così padre Rafael, sacerdote colombiano suo conterraneo, ricordando la suora in mano ai rapitori in Mali dal febbraio 2017. «Come Gesù, suor Gloria stava dedicando la sua vita a combattere malattie, ingiustizia ed emarginazione. La sua testimonianza missionaria le ha procurato incomprensioni fino alla prigionia». Continua: «Chi di noi segue Gesù scopre il Mistero ultimo della realtà dal suo amore e dalla sua estrema dedizione all’essere umano. In questa prigionia, i credenti vedono Dio stesso identificato con suor Gloria, ma anche con tutti coloro che soffrono. È il Dio che grida contro le ingiustizie e perdona, anche se può sembrare incredibile, tutti i carnefici di tutti i tempi. Questo è il Dio in cui tutti i cristiani credono, confidano e sperano. Nulla lo fermerà in questo sforzo per salvare e prendersi cura di tutti coloro che gli sono stati affidati».
RINUNCIARE A TUTTO?
Il Signore Gesù in tutto il Vangelo esprime delle pretese che a prima vista sono inaccettabili. Nel brano che leggiamo oggi pretende di essere amato più di chiunque e chiede perentoriamente a chi vuole seguirlo di rinunciare a tutti i propri averi. Perché dovremmo ascoltarlo e obbedirgli? Ci troviamo di fronte al Figlio di Dio che chiede non soltanto molto, ma tutto. Può farlo perché anche lui ci offre tutto di sé e del mondo di Dio. Chi accetta questo scambio prima o poi scopre che anche le persone e i beni di questo mondo gli vengono riconsegnati, ma trasfigurati dal suo amore.