Sì, dobbiamo riconoscere che i valori dell’umiltà e della gratuità sono piuttosto fuori moda. Chi li pratica viene spesso considerato un debole, se non uno sciocco. Niente di nuovo sotto il sole, se Gesù nel Vangelo di oggi prende spunto dal comportamento comune di accaparrarsi i posti migliori e di invitare a pranzo coloro che poi ricambieranno il favore. Eppure la Bibbia (nel Siracide, la prima lettura) aveva già lodato chiaramente i miti, gli umili, i generosi, perché sono coloro che «trovano grazia davanti al Signore», a loro sono «rivelati i suoi segreti», grazie a essi Lui «è glorificato».
D’altronde, chi di noi non vorrebbe avere a che fare con persone del genere? Quanto siamo felici di incrociare chi non sgomita per una posizione di favore o si mette gratuitamente a disposizione degli altri! In caso di necessità, non smetteremmo di benedire chi ci è venuto incontro.
Chi è umile e disponibile ha l’importante virtù di non essere pieno di sé. Più che debole, è forte: non ha paura di perdere qualcosa perché ha già tutto il necessario. Ed è fiero che ciò che non è strettamente necessario sia speso per qualcosa di buono. In lui c’è l’immagine – chiara e netta – di Dio Padre: così umile da essere invisibile agli occhi, così generoso da mettere la sua creazione a disposizione dell’umanità. In lui c’è beatitudine e, per chi lo incontra, profumo di paradiso.
Affonda con amore il tuo sguardo nel mio,
ascolta le mie flebili parole e riempi
di pace le profondità del mio cuore.
Ma il tuo amore non si sazia in questo scambio
che mi lascia separato da te.
Il tuo cuore ben altro ancora desidera.
Attraversa il tuo corpo misteriosamente il mio,
e la tua anima s’unisce alla mia:
ecco, più non sono quel ch’ero un tempo.
Tu vieni e vai, ma lasci dietro a te
un seme di gloria futura,
nascosto nel mio corpo di polvere.
(santa Teresa Benedetta della Croce, monaca)
Il gesuita Guillermo Ortiz è stato allievo di Jorge Bergoglio negli anni ’80, quando questi era rettore universitario. In un’intervista racconta delle difficoltà economiche del paese e dell’idea di allevare bestiame per il sostentamento degli studenti. Tutti erano chiamati a fare i lavori più umili, e lui stesso dava l’esempio, caricando la lavatrice o dando da mangiare ai maiali, spesso mentre parlava di spiritualità con gli allievi. «Ripeteva sempre che il voto di povertà significava anche lavorare. “Fare fatica aiuta nel senso della realtà e ti fa toccare le piaghe della gente”. Una volta venne al Collegio una donna che aveva freddo e cercava una coperta. Gli dicemmo che non ne avevamo in più. E la donna disse a Bergoglio: “Allora dammi la tua”. Lui andò a prenderla e gliela diede. Questa donna, diceva, gli aveva insegnato che si deve condividere quello che si ha, non quello che si ha in più». Negli anni successivi si sono ritrovati confratelli: Ortiz insegnante e Bergoglio senza cariche. «Abitavamo sullo stesso piano e c’era in mezzo il bagno comune. Una volta avevo dimenticato una cartella in stanza, e sono ritornato per un’altra porta, dal retro. A quell’ora non c’era nessuno. E ho visto Bergoglio pulire la tazza del water stando in ginocchio. Mai avevo visto qualcuno fare le pulizie in quel modo». Si sarebbe accorto della sua umiltà anche il cardinale Quarracino. Alle riunioni diceva: «Anche se non lo vedo, so sempre dove siede Bergoglio: nell’ultima fila».
Un insegnamento di Gesù incomprensibile per l’uomo del nostro mondo. L’ansia della visibilità e dell’essere avanti e al di sopra degli altri è diventata un tratto distintivo della cultura del mondo occidentale, in gran parte detto cristiano. Scegliere l’ultimo posto è un andare controcorrente molto faticoso, per niente riconosciuto, anzi disprezzato dagli altri. Però l’umile e il mite del vangelo non cercano potere o riconoscimento, bensì solo la vicinanza del Signore e la gioia di servire gratuitamente gli altri, specialmente i poveri, come Gesù.