Qual è la vita che vogliamo? Di che cosa deve essere ricca e piena per renderci fieri di essa, e in pace con noi stessi e con gli altri? Quali obiettivi e lavori ci portano realmente alla felicità, terrena ed eterna?
Sono grandi domande che attraversano i secoli, e sono sempre attuali. Già l’autore del libro del Qoèlet, un paio di secoli prima di Cristo, si accorgeva di quanto fossero vani gli affanni, le fatiche e le preoccupazioni, se ciò per cui si è lavorato non ci dà gioia, sicurezza, senso. Per Gesù i tesori da accumulare non sono materiali, ma interiori, relazionali, spirituali. Sono discorsi piuttosto impopolari nella nostra società, che spinge sul consumo come antidoto all’infelicità, sulla visibilità come medicina per la solitudine, sui risultati e sul successo come chiave della considerazione di sé. Sappiamo bene che tra i personaggi pubblici imperano i comportamenti oggi stigmatizzati da San Paolo: immoralità, menzogna, cupidigia. Dobbiamo chiederci davvero se vogliamo seguire queste sirene o la saggezza della Bibbia; se il segno che sta lasciando la nostra vita ha un impatto positivo o negativo sulla realtà nostra e altrui; se è questo lo stile del mondo che vorremmo la-sciare a chi verrà dopo di noi. Ricordiamoci che non sono le parole a educare, ma gli esempi. Dovremmo fare in modo che siano «da Dio», perché è là che, prima o poi, siamo tutti attesi.
Padre buono, in Gesù tuo figlio
ci sveli una nuova felicità: è la beatitudine del cuore,
è la pienezza di una vita che va oltre ogni bisogno,
oltre ogni desiderio solo umano, oltre ogni sogno che mira solo
al possesso, al potere, alla gratificazione.
Insegnaci, Padre, la nuova felicità
che si irradia dal Vangelo: felicità capace di riportarci al centro di noi stessi;
felicità che, decentrandoci, ci riempie, ci sazia, ci arricchisce di beni intramontabili.
È felicità che sola può donarci la pace del cuore, la verità di scoprire quanto di bello
e di buono c’è in noi, la libertà di rispondere pienamente alla vita.
Aiutaci a desiderarla. Amen.
(suor Mariangela Tassielli)
Luca Streri è un economista torinese. Dopo essere stato responsabile di gestioni patrimoniali in banche italiane e svizzere, a 32 anni ha deciso di dedicarsi in maniera per-manente all’economia solidale e al microcredito. Nel 2005 ha avviato un cammino con le popolazioni tribali del Sud dell’India dove si occupa di microfinanza solidale, ben presto affiancata da interventi nei campi dell’educazione, delle strutture idriche e della sanità. I progetti hanno già coinvolto 100.000 persone e continuano gestiti da una sessantina di indiani e un piccolo gruppo di italiani. Alternando i faticosi tempi di permanenza in India, per via del clima, con quelli in Italia, dedicati alla raccolta fondi e alla sensibilizzazione culturale, ha notato l’estrema differenza tra i due stili di vita: le continue lamentele qui e una vita povera ma serena laggiù. Così ha fondato il movimento «Mezzopieno», che ha lo scopo di portare positività, gratitudine, collaborazione e fiducia nelle scuole, nei comuni, nelle aziende, negli ospedali, nelle università. Le tante attività promosse e realizzate dimostrano che ci sta riuscendo.
Non è la ricchezza di denaro la nemica della fede, ma la cupidigia e l’egoismo. È una forma di idolatria che rende schiavi e stolti. Il ricco egoista non si accorge nemmeno del male che compie e del bene che non fa. Ed è stolto, perché si lega a ciò che non può salvarlo di fronte a Dio.