-La Parola di oggi è un grande insegnamento sulla preghiera. Una pratica che oggi attira poco, anche se c’è nelle persone una grande sete di spiritualità; dato però che noi cristiani preghiamo poco e non iniziamo nessuno alla preghiera, la gente finisce per cercare la risposta alla propria sete in esperienze di vario tipo, specialmente di derivazione orientale, che spesso fanno coincidere la spiritualità con qualcosa di disincarnato, una sorta di fuga dalla realtà.
-Il Vangelo ci dice che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli a pregare non attraverso lezioni teoriche o con tecniche particolari. Ci dice che qualche discepolo gli ha chiesto di insegnargli a pregare; e glielo ha chiesto perché era attirato dal vederlo pregare. Sarebbe bello se le persone recuperassero il desiderio di pregare vedendo in noi una comunità che prega con il cuore, persone che stanno in ogni momento alla presenza del Signore, come Abramo.
-Spesso per noi pregare significa recitare delle formule in modo automatico; ma Gesù, insegnando il Padre nostro, non ha voluto consegnare una formula da recitare, ma trasmetterci lo spirito con cui un figlio sta di fronte al proprio padre. Nell’Antico Testamento, molto raramente Dio viene chiamato Padre: l’atteggiamento di Gesù nei confronti di Dio è rivoluzionario prima di tutto per questa confidenza di figlio che si rivolge al papà sapendo che verrà sempre ascoltato. Inoltre, Gesù ci insegna a rivolgerci a Dio non come degli “io”, ma come un “noi”. Infatti, se sono figlio, sono anche fratello di tutti gli altri uomini che pregano.
-Questo essere fratello non è una finzione mentale. La mia preghiera è efficace solo nella misura in cui vivo il perdono nei confronti degli altri; senza questa fraternità concreta, la mia preghiera diventa una formula vuota, una pratica inefficace.
-Se dovessimo raffigurare la preghiera, che immagine useremmo? Ho provato a digitare su Google immagini la parola “preghiera” e ho trovato soprattutto mani giunte, teste chine, bei paesaggi al tramonto, candele accese. Immagini belle, ma tendenzialmente statiche e che ispirano un senso di pace e di silenzio. Ma la preghiera è un grido, è uno slancio; Abramo ci insegna che la preghiera è una lotta, dove più si mira in alto, più si ottiene e più si rilancia, dove si osa sempre un po’ di più. Certamente la preghiera non è un distinto signore in giacca e cravatta o una bella signora appena uscita dalla parrucchiera e col vestito nuovo. La preghiera è un lottatore, coi vestiti laceri e pieno di cicatrici, sfinito ma mai arreso.
-Gesù ci descrive la preghiera come un uomo senza nulla da mangiare che va a importunare un amico a mezzanotte a causa di una visita inaspettata, ma si sente dire che la porta resterà chiusa, che non è il momento, che nessuno si muoverà per fare nulla per lui. Può sorprenderci questo esempio per parlare di Dio: forse che noi siamo di disturbo quando lo invochiamo? Davanti alle nostre richieste Dio dorme? A volte pensiamo proprio così: se Dio c’è, non mi ascolta, non può pensare a tutti, ha altre cose a cui pensare, per cui il cielo rimane chiuso. Meglio chiedere cose piccole e facili, per essere sicuri di ottenerle.
-Eppure proprio quest’uomo che dorme coi suoi figli è l’immagine più vera di Dio che esaudisce le nostre preghiere. Per pregare secondo il Vangelo, dovrò entrare nella Pasqua di Gesù, che si è addormentato nella morte e così ci ha aperto la porta per entrare nel suo riposo. Proprio nell’esperienza del silenzio di Dio io entro sempre più profondamente nel mistero della morte e risurrezione di Gesù. Lui stesso ha supplicato il Padre di essere liberato da morte ed è stato esaudito, non come ci aspettiamo noi, ma come solo Dio sa fare: facendolo entrare nella morte per svuotarla del suo potere.
-Solo quando la mia preghiera è espressione della fede pasquale capisco che davvero se chiedo mi sarà dato, se cerco troverò, se busso mi sarà aperto. Quello che Abramo non ha ottenuto da Dio perché non ha osato scendere sotto la soglia dei dieci giusti, potremo ottenerlo noi grazie al sacrificio pasquale del solo giusto, Gesù Cristo. Sepolti con lui nel battesimo, con lui siamo risorti mediante la fede nella potenza di Dio.
-La nostra preghiera sia una vera lotta, perché il nostro desiderio di Dio cresca sempre di più. La preghiera infatti ci educa a passare dal desiderio dei doni di Dio al desiderio di Dio. Davanti al suo silenzio ci affidiamo a lui, senza altra prova che la fiducia in lui, che si è consegnato a noi. Dio non è il nostro avversario, ma il nostro alleato!
-Chiediamo a lui, in questa Messa, il pane sovrabbondante dell’Eucaristia da spezzare con l’amico che nel momento più buio della vita è ospite a casa nostra, come quel ferito raccolto sulla strada. E invochiamo il dono dello Spirito Santo, che il Padre darà a coloro che glielo chiedono.