La patria di Gesù è il cielo. Da lì viene e lì ritorna. Ha svolto il suo compito: «annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso», come leggiamo nella lettera agli Ebrei; la morte l’ha avuto in suo potere per tre giorni, ma Dio lo ha fatto risorgere. Per quaranta giorni (= per il tempo necessario) si è mostrato vivo ai suoi apostoli, esortandoli alla fede e alla testimonianza. Ora li lascia, come qualsiasi creatura passata per la vita terrena, ma non da soli: Dio ha promesso l’assistenza dello Spirito, che presto li renderà forti, consapevoli, santi. Saranno loro le sue braccia, il suo cuore, la sua voce, per continuare a costruire il Regno che Lui ha iniziato nel mondo.
Dove sarà Gesù? In alto? Tra le nubi? Nel cielo? Questi luoghi simbolici erano metafore usate nel linguaggio biblico e religioso per indicare Chi è oltre noi, il Creatore e Signore dell’universo. Gesù è entrato nella sua realtà, per dimorare in Lui. Avendo provato la condizione umana, ora è il mediatore più accreditato per «comparire al Suo cospetto in nostro favore». Lui ha «inaugurato» una «via nuova e vivente» che ha riacceso la speranza.
I discepoli tornano a Gerusalemme «con grande gioia», in continua lode e riconoscenza a Dio. Attendono con fiducia, liberi da paure, dubbi e preoccupazioni. Preghiamo perché in questa festa liturgica questi doni arrivino pure a noi, sapendo che il cielo è anche la nostra patria. E, a suo tempo, siamo tutti attesi lì.
Dio vuole che cantiamo Alleluia e lo cantiamo
nella verità del cuore,
senza stonature in colui che canta.
Cantiamo Alleluia, fratelli,
con la voce e con la vita, con la bocca e con il cuore.
Questo è l’Alleluia gradito al Signore.
O felice Alleluia del cielo!
Dove non ci sarà più né angoscia, né discordia,
dove non ci sarà più nessun nemico,
dove non perirà più alcun amico.
Qui cantiamo Alleluia, ma lo cantiamo
nell’affanno e nel travaglio,
lassù lo canteremo nella pace.
Qui lo cantiamo nella tentazione e nei pericoli,
nella lotta e nell’angoscia,
lassù lo canteremo nella sicurezza e
nella comunione vera.
Qui lo cantiamo nella preoccupazione,
lassù nella pace sicura.
Qui come morituri, lassù vivi per sempre.
Qui nella speranza, lassù nel possesso raggiunto.
Qui l’Alleluia della strada, lassù l’Alleluia della Patria!
Cantiamo dunque fratelli, cantiamo Alleluia:
non per indurci al riposo, ma per alleviare la fatica.
Non per cullare l’inerzia ma per sostenere lo sforzo.
Canta e cammina! Camminando avanza:
avanza nel bene,
avanza nella fede retta, avanza nella vita pura.
Senza smarrirti, senza indietreggiare, senza fermarti:
canta e cammina!
(Sant’Agostino, padre e dottore della Chiesa)
La storia ha commosso l’Inghilterra. Ha per protagonista una bambina di otto anni, un postino sensibile e una mamma, Susan Tully, che resta vedova quando sua figlia ha quattro mesi. L’ha cresciuta nella fede cristiana e la bambina ha spesso scritto lettere al padre per lenire la sua mancanza. L’indirizzo è adorabile: «A papà. Cielo. Nuvola. Casella postale 29». Un postino, avendo perso il padre poco tempo prima, evita di cestinarla e posta la foto della lettera sui social, ottenendo migliaia di commenti e riuscendo infine a rintracciare la madre, felice della vicinanza espressa dalla comunità e della fede disarmante di sua figlia.
L’Ascensione del Signore Gesù da molti è vista come separazione. È una lettura non evangelica. Gesù non si separa dalla Chiesa e da nessuno, inaugura un nuovo tipo di presenza, quella del risorto glorificato, che instancabilmente agisce con i suoi discepoli per condurre alla salvezza tutti coloro per i quali ha offerto la sua vita sulla croce. Così egli ha ottenuto dal Padre il perdono dei peccati per tutti e la capacità di donare la vita divina a coloro che credono in lui.