-L’evangelista Luca non scrisse solo il Vangelo che prende il suo nome, ma anche gli Atti degli apostoli, come il secondo capitolo della sua opera, nel quale racconta le vicende degli apostoli e della Chiesa antica dopo la risurrezione di Gesù. Oggi abbiamo proclamato le ultime parole del suo Vangelo e le prime degli Atti degli apostoli: entrambi ci parlano dell’ascensione, cioè della salita al cielo di Gesù risorto. È da notare che Luca dedica sia il Vangelo che gli Atti a un tale di nome “Teofilo”. Chi è Teofilo? Probabilmente non è un personaggio storico specifico, ma è ciascuno di noi. Teofilo significa infatti due cose: “colui che ama Dio” e “colui che è amato da Dio”.
–Per amore nostro Dio si è fatto uomo come noi; per amore nostro ha sofferto una volta per tutte salendo sulla croce; per amore nostro è risorto dai morti ed è salito al cielo.
-Certo, a noi sembra strano che Gesù per amore dei discepoli se ne vada anziché rimanere insieme a loro. Ma lui stesso spiega questo fatto: salendo al cielo Gesù non ha abbandonato l’umanità, ma l’ha portata con sé accanto a Dio, e ha portato Dio in mezzo a noi per sempre. Prima Gesù poteva essere solo con i suoi apostoli e con le persone che incontrava. Ora invece è con tutti gli uomini, in ogni luogo. E a chi lo ama ha donato lo Spirito Santo, che ci rende testimoni del suo amore nel mondo intero.
-Gesù dunque non ci ha lasciati soli. C’è un modo specialissimo che ha scelto per stare in mezzo a noi fino alla fine del mondo: ha voluto donarci il suo Corpo e il suo Sangue nel sacramento dell’Eucaristia.
-C’è un’immagine difficile oggi nella seconda lettura, che vorrei spiegarvi perché ci dice qualcosa di grande proprio sul Sacramento dell’Eucaristia, che alcuni di voi oggi riceveranno per la prima volta. Si parla di Gesù come di un sacerdote. Nel popolo ebraico i sacerdoti erano scelti da una delle dodici tribù, quella di Levi, e avevano il compito di fare da tramite tra il popolo e Dio. In particolare c’è il “sommo sacerdote”, che aveva i compiti più importanti e delicati. Una volta all’anno, nella festa dell’espiazione, quando tutto il popolo chiedeva perdono di tutti i propri peccati, il sommo sacerdote entrava attraverso un velo nella stanza più sacra del tempio, chiamata il “Santo dei Santi”. Nessun altro poteva entrarci, perché lì c’era la presenza di Dio, l’arca dell’alleanza. Entrava con il sangue di un animale sacrificato e aspergeva con il sangue il coperchio dell’arca; poi usciva fuori e con il resto del sangue aspergeva tutto il popolo. In questo modo rinnovava l’alleanza tra Dio e il popolo, che veniva perdonato dei propri peccati.
-Cosa c’entra Gesù? Lui non era un sacerdote, non faceva parte della tribù sacerdotale. Eppure Gesù è il vero sacerdote, perché quello che i sacerdoti facevano ogni anno lui lo fece una volta per tutti. Si presentò a Dio non con il sangue di animali, ma con il proprio sangue, perché noi fossimo liberati una volta per tutte dal peccato. Gesù è morto al posto nostro, come un peccatore, ha offerto il suo corpo e il suo sangue per fare alleanza tra noi e Dio. Dicono i Vangeli che nell’ora della morte di Gesù il velo del tempio si squarciò in due: significa che ormai è tolto il velo che ci separava da Dio. Gesù ha aperto una strada per farci incontrare Dio. La strada è il suo sangue, e il velo è la sua carne.
-Quando riceviamo la Comunione, noi incontriamo Dio, il cielo si spalanca per noi, anzi, il cielo entra in noi. Ce lo dice bene l’immagine in cima al mosaico: il paradiso è raffigurato dentro al grande calice che circonda l’immagine di Gesù crocifisso.
-Quanto è grande questo dono dell’Eucaristia! Per questo dovremmo sempre accostarci alla Comunione come ci dice la seconda lettura: «con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura».
-Pensiamo a come ci presentiamo noi a celebrare questo incontro con il Signore, come accogliamo il paradiso che viene verso di noi. A volte arriviamo a Messa con tanta superficialità e indifferenza, in ritardo, vestiti come capita e non come ci presenteremmo a qualunque evento ufficiale importante; e riceviamo il Corpo del Signore con distrazione e come se prendessimo in mano un oggetto qualunque, mentre lì c’è Dio stesso, che ci ha tanto amati da dare la propria vita nelle nostre mani.
-Invito in particolare voi, che oggi riceverete per la prima volta il Corpo di Gesù, a vivere questo incontro con il rispetto e la gioia che si merita. Le vostre mani stese siano il trono nel quale viene a voi il Re dei re; il vostro “Amen” esprima il desiderio di vivere sempre in amicizia con lui. E vi auguro che possiate uscire di qui, oggi e ogni domenica, come gli apostoli nel giorno dell’Ascensione, con grande gioia, lodando Dio con la bocca e con la vita.