Quanto è vicino, Tommaso, alla razionalità che oggi ci pervade. Vedere, toccare, sentire, avere le prove, esse-re certi… altrimenti quella cosa non esiste o non ci toc-ca, specialmente se siamo giovani. Col tempo e l’età che cresce è più facile rendersi conto che le nostre per-cezioni sono limitate, anche quelle del più grande scien-ziato del mondo, perennemente alla ricerca di una veri-tà che, tutta intera, pare inafferrabile.
Eppure se non mettessimo in campo la virtù della fidu-cia (in ciò che ci trascende, negli altri e persino in noi stessi) la nostra vita sarebbe assai povera. Non ci met-teremmo in strada per paura di un’imperizia altrui, non scommetteremmo sulle relazioni e sui legami, non usci-remmo mai dai nostri confini. Probabilmente perderem-mo una buona fetta di esistenza, forse la sua parte mi-gliore. Tommaso, detto Didimo (= gemello, doppio), non solo non si fida delle promesse di Gesù, ma neppu-re della testimonianza dei suoi amici. Quando se lo ri-trova davanti, Gesù non lo maledice e neppure gliene fa una colpa. Piuttosto chiama beati quelli che credono senza aver visto. La fiducia rende la vita migliore, più semplice, più dignitosa. Certo, si corre il rischio di qual-che amara delusione, soprattutto se abbiamo un’accesa sensibilità. Ma quanto ci perdiamo, a dimenticare chi ci consente di respirare e ci porta nel suo Cuore.
Credo in un solo Dio, che è Padre,
fonte sorgiva di ogni vita,
di ogni bellezza, di ogni bontà.
Da Lui vengono e a Lui ascendono tutte le cose.
Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo,
immagine visibile e trasparente dell’invisibile volto di Dio, immagine alta e pura del volto dell’uomo,
così come lo ha sognato il cuore di Dio.
Credo nello Spirito Santo,
che vive e opera nelle profondità del nostro cuore,
per trasformarci tutti a immagine di Cristo.
Credo che da questa fede fluiscono le realtà
più essenziali e irrinunciabili della nostra vita;
la Comunione dei santi e delle cose sante, che è la ve-ra Chiesa, la Buona Novella del perdono dei peccati,
la fede nella Resurrezione che ci dona la speranza
che nulla va perduto della nostra vita:
nessun frammento di bontà e di bellezza,
nessun sacrificio per quanto nascosto e ignorato,
nessuna lacrima e nessuna amicizia. Amen.
(don Michele Do)
Aleksandr Solženicyn fu rinchiuso per anni in un Gulag sovietico perché in una lettera privata a un amico del 1945 criticò Stalin. Tra i suoi numerosi scritti brilla la fede di questa preghiera. «Come mi è facile vivere con te, Signore! Com’è facile credere in te! Quando il mio intelletto confuso si ritira o viene meno, quando gli uo-mini più intelligenti non vedono al di là di questa sera e non sanno che fare domani, tu mi concedi la chiara cer-tezza che esisti e ti preoccupi perché non vengano sbar-rate tutte le vie che portano al bene. Sulla cresta della gloria terrena io mi volto indietro stupito a guardare la strada percorsa dalla disperazione a questo punto don-de fu dato a me comunicare all’umanità un riflesso dei tuoi raggi. Dammi quanto m’è necessario perché conti-nui a rifletterli. E per quello che non riesco a fare, so che tu hai destinato altri a compierlo».
Nella fede siamo tutti gemelli di Tommaso apostolo e almeno qualche volta abbiamo detto anche noi: «Se non vedo…, io non credo». Ma non è il vedere la radice della fede, quanto il desiderare con tutto se stessi che ciò che i testimoni annunciano sia vero. Allora il cuore e la mente si aprono per leggere correttamente i segni della risurrezione che il Signore a piene mani sparge nel mondo e nella nostra vita. Allo-ra non c’è bisogno di mettere il dito