-Queste letture sono prima di tutto una bella catechesi sulla domenica, il giorno del Signore, la Pasqua settimanale. Nella liturgia i numeri sono molto importanti. Nel popolo ebraico si celebrava il sabato come il settimo giorno, il giorno del riposo di Dio dopo la creazione. Gesù, ci narrano i Vangeli, è risorto nel giorno dopo il sabato: per gli ebrei era il primo giorno della settimana, che richiamava l’inizio della creazione; e al tempo stesso era l’ottavo giorno, che nella Chiesa antica divenne il simbolo della risurrezione: se il sette è simbolo del compimento, della perfezione, l’otto è l’oltre, l’inizio della nuova creazione di Dio. Per questo la Pasqua cristiana, come quella ebraica, si celebra per otto giorni; e il tempo pasquale dura 50 giorni, che è 7×7+1, ancora una volta per sottolineare questa eccedenza della nuova creazione, che Dio ha compiuto risuscitando il suo Figlio dai morti. Molti antichi battisteri sono di forma ottagonale, proprio per sottolineare questo: con il Battesimo noi siamo stati immersi nella morte e risurrezione di Gesù e siamo diventati nuove creature.
-Giovanni nel libro dell’Apocalisse narra di aver avuto la rivelazione di Gesù risorto nel “giorno del Signore”, cioè nel giorno di domenica. E Gesù si era manifestato risorto agli apostoli la sera della risurrezione e poi otto giorni dopo, quindi ancora di domenica (nel conteggio antico si considera sempre anche il giorno di inizio).
-Questo è per noi un annuncio molto importante: Gesù risorto continua a rendersi presente nella sua comunità riunita ogni domenica, nel giorno della risurrezione e della nuova creazione.
-È importante ribadirlo, perché vediamo come la domenica sia diventata per molti cristiani un giorno qualunque, un semplice giorno di vacanza (per chi se lo può permettere) e non il “giorno del Signore”, nel quale fare esperienza della sua presenza viva in mezzo alla sua Chiesa. A volte non si coglie questa presenza a vedere le nostre assemblee. Mi sconcerta sempre vedere il modo di stare in chiesa durante la liturgia da parte di qualcuno, che sembra lì per sbaglio, nascosto in un angolo, oppure in piedi come se fosse nel posto sbagliato e non a casa propria; tanti che arrivano a Messa in ritardo cronico, come a dire “l’importante è partecipare”; persone che passano tutta la Messa chattando o navigando sul cellulare, ignorando di essere alla presenza viva di Gesù risorto; e poi all’uscita da Messa, volti tirati, sguardo basso, fretta di andarsene dopo aver assolto il precetto senza neanche salutare… Gesù è venuto, ha parlato, ha mostrato i segni del suo amore per noi, ci ha donato il suo Corpo e il suo Sangue, ma per alcuni non ha significato nulla, forse nemmeno se ne sono accorti!
-Occorre fare l’esperienza di Tommaso per imparare a vivere la Messa come incontro vivo con il Signore risorto. Occorre cioè portare in chiesa tutto il nostro vissuto e i drammi del mondo. La Messa non è una parentesi rispetto alla vita reale. Credo che la nostra indifferenza e tiepidezza domenicale sia dovuta al fatto che quel Gesù che andiamo a cercare non ha nulla a che fare con il nostro vissuto, con le nostre esperienze di fallimento, di sofferenza, coi nostri scandali, con le domande profonde che ci portiamo dentro. Per noi Gesù risorto è quanto di più lontano possa esserci dalla nostra vita travagliata e problematica: lui se ne sta beato in cielo, noi ci massacriamo in questo mondo disastroso e ingiusto.
-Questo è il motivo dell’incredulità di Tommaso: che me ne faccio delle vostre belle parole? Io voglio vedere che quel Gesù di cui mi parlate è proprio quello che ho visto appeso alla croce; che corrisponde ai miei drammi, che parla delle tragedie di questo mondo e di tanti poveri cristi appesi alla croce tutti i giorni nel buio e nel silenzio di Dio!
-Lo stesso Giovanni, quando scrive l’Apocalisse, vive il dramma della persecuzione contro la Chiesa e ha bisogno di rimettere il dito nelle piaghe del Risorto per vedere che corrispondono a quelle che sta vivendo e che vale la pena dare la propria vita per lui.
-Ecco allora l’annuncio di Gesù a ciascuno di noi, radunati nel giorno del Signore: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi». Sono io che ti salvo dalla morte, perché l’ho distrutta per sempre. Io do senso alla tua esistenza, anche se ti sembra sbagliata, anche se le prove ti sembrano troppo pesanti, anche se ti sei allontanato dal bene e hai timore di riavvicinarti a Dio. Beato te se crederai in me senza aver visto in questo mondo segni di consolazione o di soluzione ai problemi, ma solo il segno di Gesù crocifisso per te.
-L’altro giorno una persona ammalata ha accettato di ricevere i sacramenti dopo tantissimi anni nei quali aveva smesso di credere. Mi ha colpito il motivo per il quale ha deciso di ritornare alla fede, che è lo stesso per cui tanti smettono di credere: «a vedere tanta sofferenza a causa della guerra – mi ha detto – non si può non credere in Dio». Una risposta misteriosa, eppure così piena di luce. Quel-l’uomo è entrato nelle piaghe del risorto e ha riconosciuto che erano le sue, che erano quelle di tante vittime innocenti del male.
-Che anche noi possiamo fare questo incontro con Gesù Cristo quando ci riuniamo insieme nella Messa, nel giorno memoriale della sua morte e risurrezione.