Continuando l’appello quaresimale alla conversione di un Dio amorevole che vuole felicità per le sue creature, la liturgia ci presenta un altro tassello significativo tratto dalla vita reale. Gesù è nel tempio, luogo di Dio in cui i sacerdoti sono preposti alla custodia del bene, applicando la sua Legge. Dunque il destino della donna sorpresa in flagrante adulterio pare segnato.
Eppure, la Legge è stata consegnata da Dio a Mosè per il bene e la felicità del suo popolo. Gesù si sarà chiesto se certe punizioni definitive siano davvero la volontà di un Padre misericordioso. Oggi forse non avremmo dubbi a giudicare, scivolando nell’estremo opposto: magari svaluteremmo l’adulterio, ridotto a scappatella, fragilità, momento di crisi. Il Maestro è però ben chiaro, intimandole di non peccare più. Piuttosto, quello che sfugge a scribi e farisei è il valore di questa donna. Sì, ha peccato gravemente. Ma da dove nasce il suo errore? Cosa ha subito, cosa sta provando? Può ancora dare cose buone all’umanità nel secondo tempo della sua vita?
I custodi della moralità spesso dimenticano un aspetto fondamentale: cosa avrebbero fatto loro, al suo posto? Il Dio che conosce a fondo ogni persona sarebbe così duro e irreprensibile?
La frase inattesa di Gesù ci rimette tutti sullo stesso piano: tutti pecchiamo nella vita, tutti abbiamo bisogno di riconciliarci con Dio.
CHE IO NON ABBIA PAURA
DEI PECCATI DEGLI UOMINI
Signore, che io non abbia paura dei peccati degli uomini, ma che ami l’uomo anche col suo peccato.
Che nessuno dica: «Il male è grande e noi siamo deboli e soli. Il mondo è cattivo e ci impedirà ogni opera di bene», perchè tu ci insegni ad amare non casualmente, e per brevi istanti, ma per sempre e sino alla fine,
la tua creazione nel suo insieme e in ogni granello di sabbia. Non permetterci di scaricare addosso agli altri
la nostra debolezza e la nostra pigrizia.
DAL FONDO DELLA MIA VERGOGNA
ALZO IL MIO INNO
Sono maledetto, basso e vile, e quando precipito nell’abisso, vi precipito a capofitto, con la testa in giù e i piedi in su. Ma quando tocco il fondo della mia vergogna, intono il mio inno a te, mio Dio.
Sì, perché anch’io peccatore
posso baciare l’orlo della tua tunica,
anch’io sono pur sempre tuo figlio e ti amo.
Anch’io conosco la gioia, senza la quale il mondo non potrebbe essere ed esistere.
(Fëdor Dostoevskij, filosofo e scrittore)
VANGELO VIVO
Al funerale di suo figlio Oscar, parroco nell’arcidiocesi argentina di Tucuman e trovato morto dopo un tentativo di furto, il diacono Javier Juàrez così si è rivolto alla folla presente alle esequie: «Sono certo Oscar voglia farci pregare per chi ha perpetrato questa tremenda tragedia, e che voglia che in questo momento decidiamo nel cuore di perdonarli come li ha perdonati lui. Sono certo che li abbia perdonati. Perché ha dovuto perdonare in modo personale, non solo dal confessionale. Perdonare di cuore quei fratelli che per noi, per la società, per il diritto, sono dei delinquenti».