Alle mormorazioni e alle critiche dei farisei, scandalizzati dalla sua vicinanza ai peccatori, Gesù risponde con una parabola sconvolgente e bellissima. La storia, articolata e densa di particolari, probabilmente voleva fare chiarezza sul modo di essere di Dio: di qui le scelte di Gesù, il suo occhio di predilezione per chi ha sbagliato ma vuole cambiare.
Un padre così non è consueto: dare l’eredità prima della morte equivale a rinunciare a quello che è giusto, dichiarare di vivere esclusivamente per i propri figli, concedere una fiducia e una libertà illimitata a chi ha messo al mondo. Di fronte al peccato più grave del figlio, che ha disprezzato e sciupato i suoi doni, egli non si limita ad aver compassione di lui, ma desidera e facilita la riconciliazione (lo vede già da lontano, gli corre incontro), lo reintegra nella famiglia (lo abbraccia e lo bacia, gli fa mettere l’anello al dito), fa la festa più bella perché lo ha ritrovato (il vestito migliore, il vitello grasso). Ha anche la finezza di «uscire a supplicare» il figlio corretto, ribadendogli quanto ami pure lui, ma quanto fosse importante rallegrarsi per un figlio restituito alla vita. È il Padre che sceglie di amare incondizionatamente, perché Lui è puro amore, non può farne a meno, pur senza rinunciare alla sua sapienza e intelligenza. Forse un giorno i due figli si ritroveranno a parti invertite e capiranno quanto l’amore sia indispensabile per la salvezza di tutti e di ciascuno.
PER RENDERE GRAZIE
Lodo, glorifico, benedico in te, Dio mio,
la clemenza che mi aspetta a lungo,
la dolcezza che allontana il castigo,
la pietà che chiama,
la benignità che accoglie,
la misericordia che rimette i peccati,
la bontà che ricompensa al di là dei meriti,
la pazienza che non ricorda l’offesa,
la condiscendenza che consola,
la longanimità che protegge,
l’eternità che mi vuole immortale,
la verità che nutre l’anima.
Che dire, Dio mio, della tua ineffabile generosità?
Tu, infatti, mi chiami quando fuggo,
mi accogli al ritorno, mi aiuti nel dubbio,
mi allevii nella disperazione,
mi stimoli quando sono negligente,
mi armi quando combatto, mi coroni quando trionfo.
Tu non mi disprezzi, peccatore qual sono,
dopo la penitenza e non ricordi l’offesa.
Liberi da molti pericoli,
addolcisci il cuore e lo volgi alla penitenza.
Esorti con la bellezza della creazione,
inviti con la clemenza della redenzione,
prometti i premi della ricompensa celeste.
Per tutti questi beni non sono capace di lodarti degnamente.
(san Tommaso d’Aquino)
VANGELO VIVO
Don Gianfranco Laiolo, che ha dedicato la vita al recupero di tossicodipendenti e sbandati nei quartieri difficili di Torino, racconta di una sera in cui un ragazzo, espulso dalla propria casa, gli chiese perché «perdesse tempo» con lui. «Perché Gesù mi ha raccontato che Dio è un Padre così…». Alla fine della parabola del “figliol prodigo”, il ragazzo si sciolse in un pianto confessando: «Non ho mai sentito niente di più bello».
«…ERA MORTO ED È TORNATO IN VITA»
Il popolo d’Israele ritorna nella terra promessa; il figlio più giovane ritorna alla casa di suo padre; Cristo ha riconciliato l’umanità con il Padre. Ritorno e riconciliazione si richiamano nella liturgia odierna. Il peccatore si allontana e rompe il rapporto con Dio, quando ritorna non fa un favore a Dio, che pure è felice, ma ritrova se stesso e viene riportato alla vita dal perdono del Signore.