III domenica di quaresima anno C 20/3/2022
-In modo provvidenziale la liturgia oggi ci ha fatto ascoltare questa Parola, che ci illumina per leggere la storia con gli occhi di Dio. Noi infatti abbiamo il nostro modo di leggere la tragedia della guerra, ma spesso non abbiamo un buon discernimento e rischiamo di sbagliare tutto.
-La domanda che viene posta a Gesù è quella che l’uomo si pone da sempre: perché Dio permette il male, la sofferenza e la morte degli innocenti? Certamente questa domanda ri-suona in modo angosciato anche in questi giorni oscuri del-la nostra storia.
Gesù nel rispondere non minimizza e non cerca facili vie d’uscita, anzi, rincara la dose: non c’è solo la sofferenza innocente procurata dalla violenza umana, ma anche quella ancora più assurda provocata dalle catastrofi e dai disastri naturali.
-Gesù non risponde alla nostra domanda, ma ci insegna a porcene un’altra: davanti al male, non chiederti perché ac-cade, ma che cosa Dio ti sta dicendo. A noi riesce facile e naturale cercare sempre un colpevole da accusare; facciamo però fatica a ricordarci che noi per primi siamo cattivi e ab-biamo bisogno di convertirci.
-«Che male hanno fatto quelle persone per morire sotto un bombardamento? Che male ha fatto mio figlio per fare quell’incidente? Che male ho fatto per ammalarmi grave-mente?». Queste, dice Gesù, sono domande mal poste. Dio non agisce come noi, con una giustizia retributiva. Dio cre-andoci ci ha fatti liberi anche di sbagliare e di fare del male; così spesso capita che chi fa il male sta bene e chi fa il bene sta male. Dio quindi non interviene nella storia? Sì, ma non come crediamo noi. Non viola la nostra libertà, non si sosti-tuisce a noi. Dio ci parla attraverso i fatti. San Paolo rilegge i fatti del cammino di Israele nel deserto proprio in questo modo, mettendoci in guardia: i nostri padri hanno visto le grandi opere di Dio, hanno ricevuto i sacramenti del suo amore, hanno sperimentato tante volte la sua provvidenza; eppure si sono ribellati, hanno mormorato, sono andati con-tro la legge di Dio e sono morti nel deserto. Tutto questo è accaduto come esempio per noi, che abbiamo fatto espe-rienza di Cristo risorto, abbiamo ricevuto il battesimo e l’eucaristia, abbiamo ascoltato la sua Parola; eppure ri-schiamo di perdere la nostra vita, perché non ci convertia-mo, perché ci ostiniamo nel male.
-«Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere»: il male più grave che possa capitarci è la presunzione, che ci fa guardare sempre tutto dall’esterno e giudicare Dio e gli uomini. Così chiudiamo gli occhi e non impariamo mai nulla dalla storia, mentre proprio in questa storia Dio si fa incontrare. La presunzione ci impedisce di accorgerci del tempo che passa e non torna, delle occasioni che Dio ci dà per cambiare vita. Lui con pazienza anche quest’anno, in questa quaresima, ha deciso di non tagliarci, anche se siamo un albero che non dà frutti. Ma verrà il giorno in cui il nostro tempo finirà e verrà posto un giudizio su di noi. Pro-prio questo giudizio, proprio questo tempo limitato rendono grande la misericordia di Dio. A cosa servirebbe la miseri-cordia senza un giudizio finale? Sarebbe solo buonismo i-nutile.
-Hai vissuto la grande prova della pandemia, hai visto tante vittime di questo terribile virus. Stai assistendo ad una guerra tragica così vicina a noi. Che cosa aspetti a conver-tirti? Quanto ancora dovrà pazientare Dio perché ti svegli e ti accorgi che sei polvere, che la tua vita è così fragile, che senza di lui non puoi fare nulla? Perché vedendo i frutti ve-lenosi dell’odio continui ad odiare? Perché di fronte alle conseguenze dell’egoismo e dell’avidità continui a chiuderti nell’egoismo avido?
-Oggi anche tu, come Mosè, ti trovi alla presenza di Dio, davanti al roveto ardente. Dio si manifesta nel quotidiano del tuo lavoro, della tua vita. Mosè aveva conosciuto la tra-gedia del suo popolo schiavo e oppresso da 400 anni; ma se ne era andato e si era fatto la propria vita. Forse si era di-menticato anche di Dio, pensando che di un Dio che non ascoltava il grido del suo popolo non sapeva che farsene. Forse anche tu oggi senti Dio così: una presenza lontana e indifferente, che trovi solo in chiesa: per questo vivi come se lui non ci fosse. Ma Dio c’è e ti dice che non è indiffe-rente davanti al grido di tanti innocenti. «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido… conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo». Ma chi sei tu, chiede Mosè? Se ci sei, se vuoi relazionarti avrai pure un nome! «Io sono colui che sono»; «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Gia-cobbe». Io ci sono, sono con te, io prendo il nome delle persone che ho scelto. Io voglio essere conosciuto con il tuo nome, e voglio servirmi di te per liberare il mio popolo; con te voglio vincere il male della guerra, delle ingiustizie, della schiavitù. In questo cammino io sarò con te: e tu sarai con me?