Le chiamano tentazioni
Fin da bambini siamo stati messi in guardia davanti alle tentazioni: il vasetto di marmellata nella credenza, il gioco che distrae dai compiti, un oggetto del desiderio da rubare quando nessuno vede. I pubblicitari hanno poi chiamato tentazioni alcuni prodotti sfiziosi, non necessari, collaborando a metterci in testa l’idea che cedere alla tentazione non è così grave. Quando però siamo noi a essere vittime di un peccato altrui, ci rendiamo conto che la questione è seria. Gli effetti del tentatore non sono semplice mitologia, ma reale distruzione della felicità.
Per questo Gesù ha bisogno di affrontare il diavolo, di petto, prima della sua predicazione. Nell’essenzialità più pura, nel silenzio e nella solitudine, col solo aiuto invisibile dello Spirito Santo, non ha paura di lasciar risuonare dentro di sé tutti i possibili stili di vita. È consapevole delle grandi doti umane e interiori che possiede, confermate da una vicinanza di Dio che sente sempre più Padre. Ora si tratta di indirizzarle verso una meta. Attorno a sé le persone rispettate e riverite (dai re ai sacerdoti) sembrano interessate al possesso, al prestigio, al potere. Sono proprio le cose che gli vengono consigliate da Satana, e che gli uomini bramano da che mondo è mondo. Egli però si rende conto che sono proprio gli obiettivi che centrano l’attenzione su se stessi, avvelenano i rapporti umani, distolgono dalla giustizia e dalla gratuità di Dio. Gesù non ci sta. E noi?
NON DISPREZZARE L’OPERA DELLE TUE MANI
O Dio, io credo
che tu mi hai creato:
non disprezzare l’opera delle tue stesse mani;
che tu mi hai fatto a immagine e somiglianza tua:
non permettere che la tua somiglianza venga sfigurata;
che tu mi hai riacquistato col tuo sangue:
non permettere che sia sciupato il prezzo del riscatto;
che tu mi hai chiamato cristiano col tuo stesso nome:
non disdegnare il tuo titolo stesso;
che tu mi hai santificato nella rigenerazione:
non distruggere la tua santa opera;
che tu mi hai innestato nel buon olivo,
come membro del corpo mistico:
che esso non sia mai reciso da te.
(mons. Lancelot Andrewes)
VANGELO VIVO
Il post di papà Raffaele è diventato virale. L’immagine lo ritrae di spalle, davanti al mare pugliese, con la figlia Aurora per mano. Racconta la sua storia: una laurea in marketing negli Stati Uniti e una carriera vorticosa in varie aziende del Nord. Poi la gioia della nascita della figlia nel 2015 e dopo pochi mesi le sue difficoltà di salute, con il consiglio della pediatra: «Ha bisogno di mare, sole e vitamina D». Con sua moglie decide di tornare in Puglia, dove lo assume una multinazionale, ma a tempo determinato. Dopo due anni la ditta cambia i propri piani ed è licenziato. «Così − sottolinea amareggiato − adesso ho un lavoro precario e mal pagato. E per quei pochi colloqui che riesco a fare “ho troppa esperienza” oppure “non ho abbastanza esperienza”. Ogni mattina mi alzo presto, mi guardo allo specchio e mi chiedo “Ma perché non sei a Milano?”. “Ma perché non te ne vai di nuovo?”. Poi passo dalla cameretta di mia figlia, mi affaccio, la vedo dormire tranquilla e mi chiedo: Sta bene? Sì, sta bene. Le manca qualcosa? Per fortuna no, più o meno riesco a darle ciò che le serve». E conclude da buon barese: «E allora sciam nanz, che un’altra giornata abbia inizio».
Tra questi due riti si snoda la strada della quaresima. Una strada lunga,
apparentemente, poco meno di due metri. Ma in verità, molto più lunga e faticosa, perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta la vita.
Pentimento e servizio sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole. La cenere, benchè leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine e trasforma in una autentica martellata quel richiamo perentorio all’unica cosa che conta:
“Convertiti e credi al vangelo”.
Cenere e acqua ingredienti primordiali del bucato di un tempo.
Ma soprattutto, simboli di una conversione completa che vuole afferrarci
dalla testa ai piedi.
Preghiera scritta dal Cardinale Arcivescovo per la pace in Ucraina
Dio dei padri e Signore della pace, Padre di tutti. Tu condanni le guerre e abbatti l’orgoglio dei violenti. Tu hai mandato il tuo Figlio Gesù ad annunziare la pace a tutti, ai vicini e ai lontani, a riunire tutti i popoli in una sola famiglia. Ascolta il grido dei tuoi figli e la supplica che sale a Te dai nostri cuori: fai cessare la guerra e la violenza in Ucraina, allontana le minacce, disarma i cuori e le mani di tutti perché ogni persona riconosca anche nel suo nemico il suo prossimo. Salvaci, o Signore, ed abbi pietà degli anziani, dei giovani, dei poveri, degli orfani e delle vedove, dei sofferenti, dei malati, di coloro che sono nel dolore, nelle difficoltà, nelle afflizioni, di coloro che sono sui campi di guerra o rinchiusi nelle prigioni e nei luoghi di detenzione. Ricordati di tutti loro, visitali, fortificali, dona loro presto, per la tua gloria, libertà e liberazione. Per le preghiere della Santissima Signora nostra, la Tuttasanta Madre di Dio, ancora ti supplichiamo: tocca i cuori dei responsabili delle sorti dei popoli, ferma la logica della violenza e della vendetta, manda il tuo Spirito di riconciliazione e di pace perché vengano tempi di dialogo e di fiducia. Concedici giorni di pace perché Tu sei benedetto nei secoli, insieme con il tuo Figlio Salvatore del mondo e lo Spirito buono e fonte della vita, ora e sempre e nei secoli dei secoli”
“O Madre Santissima di Dio e Madre nostra, per le tue sante e potenti preghiere, allontana da noi ogni minaccia di guerra. Noi accendiamo davanti alla tua icona miracolosa una piccola lampada. E tu spegni nella nostra terra il fuoco della violenza e dell’ingiustizia. Poiché Tu sei benedetta da tutte le genti e il tuo nome è glorificato nei secoli dei secoli”.
(S.Em. Cardinale Matteo Maria Zuppi)