I domenica di quaresima anno C 6/3/2022
-Inoltriamoci anche noi, insieme a Gesù e guidati dallo Spi-rito, nel deserto della Quaresima, quaranta giorni di lotta contro il diavolo e di esperienza viva della potenza della Parola di Dio. Non un tempo di tristezza, come una certa visione distorta della fede ce lo fa vedere, ma un tempo di amore provato al fuoco.
-La Quaresima inizia sempre mettendoci di fronte alla realtà delle tentazioni e dell’azione del diavolo nella nostra vita. È importante, perché molti cristiani non credono più nell’esistenza del diavolo e liquidano la questione delle ten-tazioni come qualcosa a cui non bisogna dare troppo peso: se sono attirato da qualcosa, perché non dovrei cedere? L’importante è non fare male a nessuno. Con noi il diavolo ha vita facile, perché noi non ne consideriamo l’esistenza e perciò non gli opponiamo resistenza. Come diceva qualcu-no, il miglior modo per superare le tentazioni è cedere. La società consumistica si basa tutto sullo stimolo delle tenta-zioni, facendoci sentire necessarie cose di cui potremmo fa-re a meno e stimolando in noi gli istinti più egoistici.
-Ma non vogliamo stare qui a lamentarci di come va il mondo, né fare del moralismo. Vogliamo prendere sul serio il Vangelo come buona notizia che oggi ci viene rivolta. La buona notizia è che Gesù, vero uomo come noi, ha vinto le tentazioni del diavolo; ha dimostrato perciò che la nostra umanità non è succube del male, ma che noi possiamo vin-cerlo. Come dice san Giovanni, «questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede».
-Vorrei fermarmi con voi oggi sulla fede. Gesù vince il diavolo non grazie a poteri divini speciali, ma grazie alla fede. Di fronte ad ogni tentazione, lui risponde tornando al-la Parola di Dio. Non è un esercizio intellettuale, come a volte noi facciamo quando cerchiamo il passo biblico che ci serve per dimostrare qualcosa. È un atto di fede. La fede non è un’ideologia, non è una rinuncia all’uso della ragio-ne. La fede è un pieno abbandono nelle mani di colui che mi si è rivelato, che ha manifestato la sua presenza e la sua potenza nella mia vita. Per questo noi dovremmo sempre essere pronti a rispondere a chi ci chiede conto della nostra fede, non con trattati teologici, non con definizioni astratte, ma raccontando dei fatti nei quali Dio si è manifestato nella nostra vita.
-Ogni domenica noi recitiamo il Credo, una formula antica che sintetizza le verità di fede a cui la Chiesa antica è arri-vata dopo una profonda riflessione teologica. È molto im-portante il Credo, perché ci accomuna tutti come cristiani, è il nostro segno di riconoscimento comune. Ma poi c’è l’esperienza concreta di ciascuno, perché Dio porta avanti con noi storie diverse. Così sarebbe importante che ognuno di noi elaborasse una professione di fede che narri quello che Dio ha compiuto nella propria vita. Credo che sarebbe un grosso aiuto per la fede di ciascuno di noi, se condivi-dessimo questa narrazione.
-Nella prima lettura abbiamo ascoltato quella che è la più antica professione di fede della Bibbia, forse il primo scritto dell’Antico Testamento. Non dà definizioni di Dio, ma racconta come Dio si è manifestato nella propria storia, a partire da Abramo, Arameo errante, per passare attraverso la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto. Dobbiamo impa-rare molto da questa Parola, perché quando diciamo “sta scritto” non va dimenticato che dietro quello scritto c’è un evento e una parola con cui Dio ha fatto alleanza con gli uomini. Proclamare con la bocca che Gesù è il Signore non può essere una vuota formulazione verbale, ma deve nasce-re dall’esperienza viva della sua presenza nella mia vita. Credere che Dio lo ha risuscitato dai morti non può essere come credere ad una favola o ad un mito: deve sgorgare da un’esperienza viva di morte e risurrezione.
-Solo se ho fatto esperienza di Dio, della sua potenza e del suo amore per me, posso vincere le tentazioni del Maligno, perché le tentazioni appaiono sempre come qualcosa di buono e facilmente possiamo rimanere ingannati. Chi in questi giorni non sta tentando Dio negli stessi termini di fronte alla tragedia della guerra, pensando che Dio deve provvedere alle necessità materiali di chi è rimasto senza nulla; che deve far sparire i dittatori e suscitare governanti giusti che esercitino il potere secondo il bene; che deve in-tervenire con segni di potenza perché tutti possano credere in lui e vivere in pace?
-Gesù di fronte a queste tentazioni poteva cedere, risolven-do il problema della fame nel mondo, esercitando il potere sui regni di questo mondo, compiendo segni inequivocabili per suscitare la fede di tutti. Ma in fondo così sarebbe di-ventato un idolo, cioè una raffigurazione umana di Dio, di quelle che in fondo ci obbligano a credere e a fare il bene. Ma Dio è Dio perché non ci prende per fame; perché non risolve i problemi con facili colpi di scena; perché non deve sottostare ai nostri indici di gradimento. Dio ci mostra la sua potenza facendosi uomo obbediente fino alla morte di croce. E noi saremo davvero suoi discepoli se sapremo a-scoltare la sua Parola e non quelle di questo mondo; se pre-feriremo l’umile obbedienza alla presunzione di saperne più di Dio.
-Sia questo tempo quaresimale una palestra della fede, un deserto dove la Parola di Dio vinca sulle parole del demo-nio e sulle sue subdole tentazioni. Sia lo spazio della me-moria, perché la nostra fede si arricchisca di fatti e sappia-mo riconoscere la fedeltà di Dio nella nostra vita.