-Se il Vangelo delle beatitudini domenica scorsa ha sconvolto le nostre certezze e i nostri criteri di giudizio, le parole che seguono e che abbiamo appena proclamato ci danno il colpo di grazia. Il pensiero forse comune a tutti nell’ascoltarlo è stato: bello, ma impossibile. Non è roba per me, io non sono un santo e ho i miei limiti. Posso sforzarmi di sopportare i torti, di stare in silenzio anziché reagire, di essere generoso, di farmi gli affari miei senza giudicare quello che fanno gli altri. Ma non è possibile amare i nemici, agire sempre gratuitamente, non reagire al male, lasciarci spogliare di tutto senza fare nulla.
-Allora perché Gesù ci insegna queste cose? Che senso ha chiederci di fare ciò che è impossibile?
-Ci aiuta a rispondere la seconda lettura, che ci parla di due uomini: il primo Adamo e l’ultimo Adamo, che è Gesù Cristo. Il primo rappresenta la nostra umanità, che viene dalla terra; il secondo rappresenta l’umanità rinnovata, che troverà la sua pienezza quando il nostro corpo risorgerà.
-La bella notizia è che non dobbiamo aspettare quel giorno alla fine dei tempi per diventare uomini e donne celesti! Gesù con la sua risurrezione ha anticipato tutto questo, e nel battesimo ci ha uniti a lui, è diventato anche per noi spirito datore di vita. Così che san Paolo spesso parla della condizione dei cristiani chiamandoli “nuove creature”. Nel battesimo siamo morti al peccato, ci siamo spogliati dell’uomo vecchio e ci siamo rivestiti del nuovo.
-Siamo ormai fatti non solo ad immagine, ma anche a somiglianza di Dio. Tutto questo gratis, senza che abbiamo dovuto sforzarci!
-Tornando alle parole del Vangelo, scopriamo così che si tratta non solo di un perfetto ritratto di Gesù Cristo, ma anche della promessa che noi siamo chiamati davvero a vivere così, perché siamo figli di Dio e nulla è impossibile a Dio!
-Se l’uomo vecchio ci fa vedere nell’altro un nemico da temere, l’uomo nuovo ci fa vedere in lui il “consacrato del Signore”, proprio come accade a Davide di fronte a Saul che lo bracca per ucciderlo.
-Il nostro problema è che spesso non sappiamo riconoscere la grande dignità che Dio ci ha dato con il battesimo; e così viviamo tutto sulle nostre forze, come il primo Adamo, anziché lasciare agire lo Spirito di Dio, che ci permette di fare meraviglie. Ci sentiamo perfettamente rappresentati da Adamo nella sua debolezza e nei suoi difetti; ma non ricordiamo mai abbastanza che ci siamo rivestiti di Cristo e che Cristo vive in noi.
-Da cosa il mondo ci riconoscerà come discepoli di Gesù rispetto agli altri uomini? Gesù parla chiaro: non dal fatto che siamo più buoni, ma dal fatto che in noi si compie il Vangelo come segno di contraddizione, il Vangelo nella sua logica paradossale. La parola che possiamo usare è “gratuità”. Chi ama quelli che lo amano, chi fa del bene a coloro da cui lo ricevono, chi presta qualcosa aspettandosi qualcosa in cambio, fa cose buone, ma non agisce con gratuità, non gli è dovuta “gratitudine”. Fa quello che farebbe qualunque persona di buon cuore, anche non cristiana. Ma chi ama i propri nemici, chi fa del bene a chi lo odia, chi benedice chi lo maledice, chi prega per chi lo tratta male, mostra davvero al mondo una logica ribaltata e scandalosamente gratuita. Può vivere tutto questo solo chi non aspetta giustizia dagli uomini, ma da Dio; chi non giudica le cose secondo lo sguardo degli uomini, ma secondo quello di Dio.
-Lasciamo pure che questo Vangelo ci infastidisca, sia come un sasso dentro alla scarpa che ci impedisce di camminare tranquillamente. Che metta in dubbio quel senso di giustizia che ci porta così facilmente a sentirci dei “buoni cristiani” perché non facciamo del male a nessuno e compiamo opere di bene. Troppe volte chi ancora va a confessarsi ha la sensazione di compiere un gesto superfluo e formale. Quando mi faccio l’esame di coscienza devo ricordarmi che non sono chiamato a vivere ad immagine del primo Adamo, ma di Gesù Cristo. Se il Vangelo ancora non si è compiuto in me in questa misura, io ho ancora bisogno della misericordia di Dio; e ne avrò bisogno fino alla fine, perché il Vangelo non può realizzarsi nella mia vita senza l’opera di Dio, senza la sua misericordia che mi accompagna ogni giorno.
-«Siamo esseri umani» diciamo quando vogliamo sottolineare la nostra incapacità di realizzare il Vangelo. Ma oggi ci viene ricordato che siamo molto di più: siamo figli di Dio, e Dio ci promette che realizzerà l’impossibile attraverso di noi, se noi glielo permetteremo.