-Nelle Sacre Scritture troviamo diversi tipi di linguaggio, legati a tradizioni e ambienti culturali diversi. Uno di questi è il linguaggio cosiddetto “sapienziale”, così chiamato perché esprime gli insegnamenti di Dio attraverso immagini e proverbi tratti dalla vita quotidiana e dall’esperienza pratica del popolo.
-Le letture di oggi sono molto ricche di sapienza, espressa attraverso la contrapposizione tra due differenti stati di vita: quello di chi confida nell’uomo e nelle sicurezze materiali e quello di chi confida nel Signore. Il primo appare come un albero secco nella steppa, il secondo come un albero piantato lungo un corso d’acqua, che stende verso la corrente le proprie radici e che porta sempre frutto.
-Alla luce di questo confronto sapienziale possiamo comprendere il senso del Vangelo di oggi.
-Perché Gesù dichiara beati i poveri, quelli che piangono, che soffrono la fame, che vengono perseguitati e odiati a causa della propria fede? E perché compatisce i ricchi, i sazi, coloro che ridono e che sono benvoluti dalla gente? Ad una lettura superficiale possiamo rimanere scandalizzati o perplessi, perché sembra che Gesù predichi una fede che esalta il dolore e le ingiustizie. Quante volte nel corso della storia il Vangelo è stato lo strumento usato dai potenti per tenere buoni i poveri e per giustificare le ingiustizie e le violenze! Per questo è molto importante che noi comprendiamo il senso di queste parole, che esprimono una sapienza molto diversa da quella del mondo e anche dalla nostra.
-Gesù si sta rivolgendo ai suoi discepoli, che appaiono in questo Vangelo collocati tra l’ascolto della Parola di Dio e la folla a cui sono inviati. Qui è rappresentata la Chiesa, siamo rappresentati noi. A noi cristiani sono rivolte queste parole: sia il “beati”, sia il “guai”. Non dobbiamo pensare che Gesù contrapponga i buoni ai cattivi o i cristiani ai non cristiani. Gesù mette in luce una divisione che abita in ciascuno di noi, che è frutto di una scelta che siamo chiamati a fare ogni giorno, in ogni momento. In noi abitano l’uomo che confida nell’uomo e quello che confida nel Signore; il ricco e il povero; il sazio e l’affamato; l’allegro e l’afflitto; colui di cui si dice bene e colui che è odiato e calunniato.
-La venuta di Gesù nel mondo è il punto discriminante, perché lui è il regno di Dio che viene, che cresce nella storia. Quando incontro Gesù sono perciò chiamato a fare una scelta: voglio rimanere unito a lui come l’albero ad un corso d’acqua, fidandomi di lui solo, considerando lui come il mio unico tesoro e la mia fonte di vita? Oppure lui c’è solo come una presenza accessoria, ma di fatto io ho bisogno di sicurezze che mi vengono dal mondo e dal consenso umano?
-Di fronte a questa scelta non esiste la neutralità: chi non vuole scegliere, sceglie il mondo. Il regno di Dio infatti esige che io lo accolga espressamente e me ne faccia strumento. Il grande problema della Chiesa non sono quelli che se ne stanno fuori, ma quelli che non scelgono, che vogliono stare con Cristo senza rinunciare alla sapienza umana, che si illudono della propria fede senza scegliere la sapienza del Vangelo. Infatti la sapienza del Vangelo è la croce, e come dice san Giovanni della Croce, «si tratta di una porta stretta nella quale pochi desiderano entrare, mentre sono molti coloro che amano i diletti a cui si giunge per suo mezzo» (Cantico spirituale, 37).
-Sia chiaro: la parola “beati” nella Scrittura non ha il significato che gli diamo noi, non significa “felici”: indica la condizione di consistenza del proprio essere. Allo stesso modo, il termine “guai” non è una minaccia, ma un lamento, una forma di compianto nei confronti di una vita fallita, di una solitudine senza speranza.
-Dove sta la beatitudine dei discepoli poveri? Sta nel fatto che hanno trovato la propria consistenza e ricchezza in Gesù Cristo, così che le ricchezze di questo mondo non sono più così importanti e si è totalmente liberi dai soldi e dai beni di questo mondo, che pure servono, ma che non vanno serviti. «Vostro è il regno di Dio»: quel regno che Gesù ha portato nella storia vi appartiene ed è la vostra vera sicurezza. Ma per chi ha scelto di porre la propria consistenza e sicurezza nei beni di questo mondo, rimane un senso di compianto, perché hanno già ricevuto la propria ricompensa, ma è una ricompensa destinata a dissolversi, inconsistente come tutte le cose di questo mondo che passa.
-Allo stesso modo, beati coloro che per Cristo oggi sono privati del cibo, della tranquillità, del benessere, della buona fama, di tutte quelle cose per le quali ci affanniamo tanto. Sanno infatti che in Cristo risorgeranno ad una vita eterna. Ma per chi ha deciso di seguire Gesù pur puntando la vita su queste cose, riducendo Gesù ad una dimensione puramente terrena, non c’è che il rimpianto per una perdita di consistenza, per una fede opaca e mediocre, che si nutre della presunzione di sé e che non attirerà mai nessuno a Cristo. Infatti, «se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini».
-La fede in Cristo risorto fa davvero la differenza, perché segna l’orizzonte per il quale noi facciamo ogni cosa. Se tutto finisce con la mia morte, mi attaccherò disperatamente alle cose che mi illudono di vivere di più; ma se c’è una vita eterna, ecco che non ho più bisogno di surrogati di vita e di false certezze in questa vita.
-E tu, su chi fondi la tua vita? Chi ti dà consistenza ogni giorno? Quale sapienza guida le tue scelte?
Gesù Cristo e il suo Vangelo sia sempre di più la nostra sapienza, e allora saremo davvero beati.