V domenica T.O. anno C 6/2/2022
-In questa annuale Giornata per la vita, la Parola di Dio ci aiuta a cogliere tutto il valore che ha la vita di ognuno di noi. Un valore che non viene da noi, né viene dalle nostre condizioni di vita, come la salute, il benessere materiale, l’efficienza, il riconoscimento sociale o la condotta morale. Tutti questi elementi troppe volte sono per noi il metro di misura per dare o meno valore ad una vita. Questo porta al-la sistematica emarginazione, se non all’eliminazione, di tutti coloro che non rispondono a certi requisiti: tante vite soppresse nel grembo materno; tanti poveri che popolano le nostre città come esseri invisibili o scomodi; tanti profughi, immigrati, disperati in fuga dai propri Paesi, colti come dei nemici, degli invasori, dei pacchi da smistare; tanti lavora-tori sacrificati sull’altare del profitto; tanti anziani lasciati soli quando non servono più; tanti ammalati e sofferenti in gravi condizioni che si vorrebbero far morire per non farli soffrire (o forse per togliere un problema ad una società che non sa più prendersi cura dei suoi membri più fragili); per-sone che hanno commesso dei crimini o degli errori a cui non si vuole dare più la possibilità di cambiare e di vivere una nuova vita.
-Il valore della nostra vita viene da qualcun altro, non da noi. Viene da Dio che ci ha creati e ci ha chiamati. Viene da Gesù Cristo che salendo sulla nostra barca ha cambiato il nostro destino. Per grazia di Dio siamo quello che siamo: non “quello che sembriamo” agli occhi del mondo e ai no-stri stessi occhi, ma “quello che siamo” per la chiamata che abbiamo ricevuto.
-Una chiamata a cui noi crediamo troppo poco. Non man-cano le vocazioni nella nostra Chiesa; manca la fede in quello che Dio può fare della nostra vita.
-«Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla». La mia vita è un fallimento. La mia vicenda umana è un insieme di fatiche inutili: mi affanno tutta la vita per costruire qualcosa che non si realizza, per mettere in-sieme qualcosa che mi sfugge di mano. Cerco di fare del bene, ma il male sembra sempre avere la meglio; cerco di essere onesto dentro ad un mondo di ladri e di furbi. Così mi riduco a crearmi uno spazio di illusioni e di piccole sod-disfazioni, navigando a vista, senza grandi orizzonti e spe-ranze, perché tanto è tutta fatica inutile. Mi appare fatica inutile anche la mia vita di fede: sento perfino la Messa come un peso, pregare è difficile e non ho mai il tempo per farlo. Mi sento inadeguato, mi sembra che Dio mi chieda troppo per le mie capacità. Se smetto di gettare le reti, non sarà una gran vita, ma almeno smetterò di soffrire!
«MA sulla tua parola getterò le reti»: nel Vangelo c’è una svolta inaspettata e decisiva, un “ma” che cambia le carte in tavola. In quel “ma” c’è l’inizio di un vero cammino di fe-de, quello che anziché mettere in dubbio l’opera di Dio mette in dubbio la nostra. Ci fa bene ogni tanto mettere in dubbio noi stessi, il nostro modo di vedere la realtà, anche perché sulla nostra esperienza non prendiamo su nemmeno un pesce, le nostre certezze si infrangono contro l’evidenza dei nostri continui fallimenti.
-Da dove nasce questo barlume di fede? Dal fatto che Gesù sia salito sulla mia barca, non sul carro dei vincitori. Perché ha scelto me? Non sarebbe più efficace predicare da una barca piena di pesci, segno della benedizione di Dio?
-Quella barca piena di reti vuote e di pescatori delusi è simbolo della croce. Gesù è credibile perché sale sulla cro-ce, non sul palco luccicante di Sanremo o dove tutti sono disposti a sponsorizzarlo. La fede di Simone è vera perché si fonda sulla sua parola e non sulle reti piene. Le reti si riempiono quando abbiamo già deciso di credere, quando abbiamo deciso di rinunciare alle nostre sicurezze e di non misurare la vita secondo i metri del mondo, quando abbia-mo preso il largo credendo che l’impossibile sarà possibile proprio dentro alla nostra vita apparentemente fallita e inu-tile.
-Gesù non mi offre una vita senza fatica, ma una fatica pie-na di vita: quella dei pescatori di uomini, quella per cui Pa-olo scrive: «ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me»; quella che fa dire ad Isaia, peccatore perdonato, «Eccomi, manda me».
-Questa è la Parola su cui si fonda tutta la nostra esistenza, la Parola che riempie di senso e di valore la nostra faticosa vita: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture… fu sepolto… è risorto il terzo giorno secondo le Scritture». Solo riconoscendo che Dio sale sulla nostra croce troviamo la chiave per risorgere, per vivere davvero, e per imparare a «custodire ogni vita».
-Portiamo a tutti la gioia del nostro incontro con Gesù che ci ha liberati dai peccati, che ci ha chiamati dietro di sé, che ci ha fatto grazia e ha reso la nostra vita davvero preziosa.