-Le letture di questa domenica sono di una ricchezza scon-volgente, e sembrano proprio fatte apposta per la Domenica della Parola. Davvero la Parola di Dio è protagonista, e si rivela a noi con tutta la sua potenza.
-Sia la prima lettura che il Vangelo ci mostrano come la Pa-rola di Dio sia sempre rivolta ad un popolo in ascolto; lo stesso accade anche oggi.
-Può essere importante spendere qualche momento per con-testualizzare meglio la prima lettura. Siamo in un momento storico nuovo per il popolo di Israele: è passato il tempo glorioso dei re d’Israele e del tempio di Gerusalemme, co-struito dal re Salomone; è passato il tempo dei profeti, che Dio ha mandato al suo popolo per chiamarlo a conversione e per allontanarlo dal culto degli idoli. Il popolo è stato de-portato a Babilonia, Gerusalemme e il tempio sono stati di-strutti, tutto sembra perduto. Ma Dio è fedele e, come i pro-feti avevano annunciato, ha liberato il popolo dalla schiavi-tù e per mezzo di Ciro, re di Persia, l’ha ricondotto nella propria terra. Gerusalemme e il tempio vengono riedificati, ma non è più come prima: non c’è più la gloria dei re pas-sati, i Giudei sono un popolo sottomesso a grandi potenze straniere. Tutti questi eventi però hanno purificato il popolo di Dio, che ha imparato ad ascoltare la voce del Signore. Così sul trono non viene più posto un re, ma il libro della Legge: l’unico sovrano è Dio stesso. Finora Dio ha parlato per mezzo dei profeti; ora questa Parola è scritta e viene proclamata di fronte all’assemblea del popolo riunita.
-Questa Parola tocca il cuore di tutti, e il popolo piange, perché essa è un giudizio sui suoi peccati. Ma questo giudi-zio non è di condanna: porta la consolazione di Dio e la gioia. In quel giorno nacque un popolo in ascolto.
-Facciamo un salto in avanti di cinque secoli. Gesù entra nella sinagoga di Nazaret, dove ogni sabato ci si riunisce per ascoltare ancora quella Parola. Lui stesso si alza a leg-gere, proclamando un passo del profeta Isaia. Poi chiude il rotolo, lo consegna e si siede, pronunciando l’omelia più breve ed efficace della storia: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Il Vangelo precisa che «cominciò a dire»: significa che questa omelia continuerà ad essere pronunciata da Gesù, per tutta la sua vita. Tutto il Vangelo è compimento delle Scritture; Gesù è la Parola compiuta, il Verbo fatto carne. Ogni suo insegnamento, o-gni sua opera, sono compimento delle Scritture. Fino ad al-lora la Parola di Dio doveva compiersi nel futuro; ma da quel momento la Parola di Dio è un “oggi”, si compie nel presente.
-Questo continua ad avvenire nella storia, così che anche qui, in questa assemblea, possiamo dire: «oggi si compie questa Scrittura». È Gesù che parla quando si leggono le Scritture nella liturgia.
-La domanda che dobbiamo farci, però, è se noi assomi-gliamo a quell’assemblea della prima lettura; se siamo dav-vero un popolo in ascolto, che tende l’orecchio, benedice, venera le Scritture, si lascia toccare il cuore fino alle lacrime da quella Parola. L’ascolto è il primo segno della fede: io ascolto questa Parola se credo fermamente che Dio mi sta parlando, che lui compie ciò che dice, che quella Parola è per me oggi.
-In caso contrario, io non ascolto affatto; o se anche ascolto con le orecchie, non mi lascio convertire da quella Parola, non faccio sì che diventi un “oggi” per me, la ammiro come un pezzo da museo, ma non la medito nel cuore come Ma-ria, sapendo che è Dio che mi parla.
-Che cosa ci ha annunciato oggi il Signore? Qual è la Parola con cui Gesù si presenta? Non una parola di condanna, ma di misericordia; una parola rivolta ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi. Il Vangelo è per i deboli, ed è parola di liberazione. Non può essere accolto da chi si sente autosufficiente, da chi è forte della propria giustizia, da chi fa della religiosità un passatempo. È rivolto a me in quanto sono un povero, un peccatore, prigioniero del male, oppres-so dalle strutture di morte di questo mondo. Infatti, dice San Paolo, «Dio ha disposto il corpo conferendo maggior onore a ciò che non ne ha». Ma finché non mi riconosco come un membro debole del corpo, finché penso di non a-ver bisogno degli altri, o mi estranio dalla mia appartenenza al corpo di Cristo che è la sua Chiesa, quella Parola in me risuonerà vuota, sarà inefficace. La Parola di Dio è vita che viene portata alla luce solo dal suo grembo vitale, che è la Chiesa.
-Non possiamo portare frutto se non viviamo la nostra ap-partenenza alla Chiesa, o se ne escludiamo altri. Per questo è così importante pregare e operare per l’unità dei cristiani: il Corpo di Cristo non può essere diviso. Ma non pensiamo che sia una questione tecnica che devono risolvere i vari capi delle chiese separate: l’unità si comincia a costruire dalle nostre piccole comunità, dove le diverse membra non sempre sono a servizio le une delle altre, ma a volte ognuna è a servizio di se stessa, ignorando le altre. Per questo la Parola di Dio tante volte risuona a vuoto e non si compie: perché noi rendiamo sterile il grembo di questo corpo che è la Chiesa.
-Riscopriamoci oggi come popolo di Dio, unito nell’ascolto della Parola, fissando lo sguardo su Gesù, che è venuto per liberarci dal male e per aprirci gli occhi. E prolunghiamo la festa di questa assemblea domenicale anche fuori, dovun-que andremo, perché la gioia del Signore è la nostra forza.