All’inizio del tempo liturgico detto ordinario, la Chiesa ci propone il primo miracolo che Gesù ha compiuto secondo il racconto di Giovanni. L’evangelista lo chiama segno perché ha ripensato a lungo al senso della venuta del Figlio di Dio tra gli uomini, e ha concluso che la sua gloria è manifestata in ogni vittoria sul male; nel presente realizza il suo regno quando gli uomini, credendo in lui, segnano il mondo con un gesto d’amore.
Anche in questo racconto ci sono vari indicatori del limite e dell’incompiutezza della realtà umana. Una festa attesa da una vita, sciupata nel momento più bello da un errore di valutazione sul vino necessario; anfore di acqua stantia da rivitalizzare per un nuovo scopo; il numero 6, per la Bibbia simbolo di imperfezione e manchevolezza; i dubbi di Gesù, non ancora convinto che sia il suo momento. Le parole piene di gioia e di speranza di Isaia, sentite tante volte in sinagoga, erano bellissime, ma declinate al futuro. La promessa sposa restava in attesa.
La saggezza di una madre, allenata a vedere i bisogni degli altri, smuove persino Gesù. Ora è il tempo giusto per sconfiggere il male, per risolvere i problemi, per restituire il piacere di ciò che è veramente buono, per riempire fino all’orlo la vita che ci è stata regalata. Ora è una parola d’oro anche per noi, troppo spesso in attesa che altri si muovano per primi, quando invece le chiavi per il bene sono già in nostro possesso.
PER L’UNITÀ’ DEI CRISTIANI
Signore Gesù,
che alla vigilia di morire per noi
hai pregato perché tutti i tuoi discepoli
siano perfettamente uniti,
come tu lo sei col Padre e il Padre con te,
rendici dolorosamente consapevoli della nostra
divisione. Donaci la lealtà di riconoscere
e il coraggio di liberarci di ciò
che si nasconde in noi d’indifferenza,
di diffidenza e anche di reciproca ostilità.
Accordaci di incontrarci tutti in te,
affinché dalle nostre anime e dalle nostre labbra
salga incessantemente la tua preghiera
per l’unità dei cristiani, quale tu la vuoi
e come tu la vuoi. In te, che sei la perfetta carità,
aiutaci a trovare la via che conduce all’unità,
nell’obbedienza al tuo Amore e alla tua Verità.
Così sia.
(padre Paul Couturier)
VANGELO VIVO
Impresario geniale e di successo, sposato e con quattro figli, Jean-Marc Potdevin ha una vita apparentemente piena e riuscita. Eppure avverte una sensazione di vuoto, che cerca di lenire pensionandosi a 40 anni. Poi la morte di suo padre lo spinge a intraprendere da solo il Cammino di Santiago. Entrando in una cappella durante l’adorazione al Santissimo Sacramento (che non sa cosa sia) «quasi istantaneamente mi si è manifestato, grandissimo, impressionante, di fronte a me. E io che non ho mai fumato né assunto sostanze psicotrope posso dire che è strano vedere il soprannaturale che insorge così. Cambia tutto, rovescia il mondo, cioè lo rimette al suo posto». Confrontandosi poi con tanti maestri cristiani si rende conto che era un «malcredente», faceva le cose a rovescio». Ora si pone come testimone: «È un po’ difficile parlare di queste cose intime, ma non posso tenere la mia esperienza come un tesoro geloso: bisogna che io la dia. La gente spesso non sa e io non posso far finta di niente».
DALLA LETTERA DI PAPA FRANCESCO AGLI SPOSI
IN OCCASIONE DELL’ANNO “FAMIGLIA AMORIS LAETITIA”
Cari sposi e spose di tutto il mondo!
Custodite nel cuore queste tre parole: «permesso, grazie, scusa».
E quando sorge un conflitto, «mai finire la giornata senza fare la pace». Non vergognatevi di inginocchiarvi insieme davanti a Gesù nell’Eucaristia per trovare momenti di pace e uno sguardo reciproco fatto di tenerezza e di bontà. O di prendere la mano dell’altro, quando è un po’ arrabbiato, per strappargli un sorriso complice. Magari recitare insieme una breve preghiera, ad alta voce, la sera prima di addormentarsi, con Gesù presente tra voi. È pur vero che, per alcune coppie, la convivenza a cui si sono visti costretti durante la quarantena è stata particolarmente difficile. I problemi che già esistevano si sono aggravati, generando conflitti che in molti casi sono diventati quasi insopportabili. Tanti hanno persino vissuto la rottura di una relazione in cui si trascinava una crisi che non si è saputo o non si è potuto superare. A queste persone desidero esprimere la mia vicinanza e il mio affetto. La rottura di una relazione coniugale genera molta sofferenza per il venir meno di tante aspettative; la mancanza di comprensione provoca discussioni e ferite non facili da superare. Nemmeno ai figli è risparmiato il dolore di vedere che i loro genitori non stanno più insieme. Anche in questi casi, non smettete di cercare aiuto affinché i conflitti possano essere in qualche modo superati e non provochino ulteriori sofferenze tra voi e ai vostri figli. Il Signore Gesù, nella sua misericordia infinita, vi ispirerà il modo di andare avanti in mezzo a tante difficoltà e dispiaceri Non tralasciate di invocarlo e di cercare in Lui un rifugio. Non dimenticate che il perdono risana ogni ferita. Perdonarsi a vicenda è il risultato di una decisione interiore che matura nella preghiera, nella relazione con Dio, è un dono che sgorga dalla grazia con cui Cristo riempie la coppia quando lo si lascia agire, quando ci si rivolge a Lui. Cristo “abita” nel vostro matrimonio e aspetta che gli apriate i vostri cuori per potervi sostenere con la potenza del suo amore, come i discepoli nella barca. Il nostro amore umano è debole, ha bisogno della forza dell’amore fedele di Gesù. Con Lui potete davvero costruire la «casa sulla roccia» (Mt 7,24).A tale proposito, permettetemi di rivolgere una parola ai giovani che si preparano al matrimonio. Se prima della pandemia per i fidanzati era difficile progettare un futuro essendo arduo trovare un lavoro stabile, adesso l’incertezza lavorativa è ancora più grande. Perciò invito i fidanzati a non scoraggiarsi, ad avere il “coraggio creativo” che ebbe san Giuseppe. Così anche voi, quando si tratta di affrontare il cammino del matrimonio, pur avendo pochi mezzi, confidate sempre nella Provvidenza, perché «sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere» (Patris corde, 5).