Epifania del Signore 6/1/2022
-Una cosa bella del presepe è che, anche se si tratta di una raffigurazione fatta con immagini, statuine o altro, non è mai statico. Non è un’opera d’arte fredda, dove ogni elemento deve rimanere dov’è, ma possiamo muovere i personaggi secondo la nostra fantasia. Ricordo anni fa il presepe nella mia parrocchia: l’ideatore (che tra l’altro era un non credente) ogni giorno era lì in chiesa a spostare qualcosa, a cambiare gli effetti di luce, ad aggiungere elementi. Anche durante le celebrazioni sentivamo dei colpi di martello o altri rumori dietro al presepe che ci distraevano e ci facevano ridere! Non lo faceva perché non fosse soddisfatto di quello che aveva realizzato, ma perché era convinto che il presepe fosse vivo, in continua evoluzione.
-Anche se noi siamo un po’ meno abituati a operare cambiamenti nei nostri presepi, certamente uno lo facciamo in questo giorno: appaiono i Magi, venuti da lontano e ora si trovano davanti alla stalla con i loro doni.
-Credo che il presepe e la sua evoluzione rappresenti bene la Chiesa. Il centro dell’attenzione è Gesù, che spesso non appare al centro della scena, ma è un po’ defilato, eppure tutto converge verso di lui. Una stella aiuta chi guarda a individuarlo, come già accaduto ai Magi. Ci sono poi i personaggi del presepe: chi è lì in contemplazione, chi è impegnato nelle proprie occupazioni quotidiane, chi dorme o è distratto. Qualcuno appare, qualcuno scompare.
-La Chiesa è formata da tanti tipi di persone, c’è posto per buoni e cattivi, per grandi e piccoli, per gente contemplativa e gente attiva. Manca solo chi sceglie di non esserci (come Erode e la sua corte): ci sarebbe posto anche per loro, ma nessuno può essere obbligato a farne parte.
-Il Vangelo parla di “alcuni Magi”. Accade però che nel presepe delle nostre comunità tanti Magi rimangano fuori dalla scena: non tutti hanno il coraggio di farsi avanti di fronte alle mura fortificate del palazzo di Erode. Se non c’è qualcuno che li accoglie, che li va a cercare, quei Magi rischiano di vagare senza meta, perché la luce della stella non brilla sempre nel buio della loro vita e la difficoltà del viaggio potrebbe scoraggiarli e farli tornare indietro.
-Il presepe è sempre un luogo aperto per chiunque arriva, correndo forse il rischio che qualcuno ci metta le mani e lo rovini, ma nella Chiesa bisogna correre questo rischio: non siamo la comunità dei perfetti, dei raffinati spirituali, come potevano essere i sacerdoti e gli scribi alla corte di Erode; siamo piuttosto la comunità in cui si affollano storpi, ciechi, miserabili, mediocri. Solo la sapienza che viene dallo Spirito ci rende capaci di vedere in tutto questo la presenza della gloria di Dio, che si è abbassato fino a terra. I Magi hanno questa sapienza e davanti a Gesù si prostrano, cioè si sdraiano fino a terra, si umiliano come Gesù, riconoscendo in lui la presenza del re.
-Come fare per evitare il rischio di fare della Chiesa il pa-lazzo fortificato di Erode e per presentarla al mondo come il presepe aperto sul mondo e sulla storia? Occorre una pro-fonda conversione, che passa attraverso il dono dell’umiltà.
-Questo dovrebbe essere il senso del cammino che la Chiesa universale ha intrapreso in questi mesi, chiamato “cammino sinodale”. “Sinodo” significa “strada insieme”. I Magi, camminando insieme verso l’unica meta, ci insegnano questo stile. Perché il cammino sinodale non è una cosa in più da fare, ma uno stile da riscoprire.
-Per vivere uno stile sinodale occorre cambiare il nostro modo di essere Chiesa: non la città fortificata dove qualche coraggioso può trovare le risposte alle proprie domande, mentre gli altri rimangono fuori a vagare senza meta, ma il presepe, aperto e ben visibile, accogliente, dove c’è posto per tutti, perché è la comunità dei poveri del Signore. Una comunità dove non ci si limita a dare risposte giuste alle domande del mondo o alle domande che nessuno si pone, ma dove si fanno proprie quelle stesse domande della gente, soprattutto quelle inespresse; dove non si rimane fermi ad aspettare chi arriva, ma si esce a cercare i cercatori di Dio e si fa la strada insieme a loro. E camminando insieme si scopre che non solo i Magi hanno bisogno di noi, ma anche noi abbiamo bisogno di loro. La missione, dice il Papa, ci rende vulnerabili, «ci aiuta a ricordare la nostra condi-zione di discepoli e ci permette di riscoprire sempre di nuovo la gioia del Vangelo». I Magi ci evangelizzano e ci insegnano ad essere missionari secondo il cuore di Dio.
-Impariamo dunque con umiltà a fare strada insieme, per essere luce per questo mondo che vaga nelle tenebre del male e dell’ignoranza. Lasciamo la sicurezza del palazzo di Erode e camminiamo insieme ai Magi, per vedere il segno che Dio ha preparato per noi. Portiamo i nostri doni, ado-riamo la sua presenza nei segni poveri del pane e del vino, e poi rimettiamoci in cammino per strade nuove, dove lo Spirito ci condurrà, per annunciare a tutti il nostro incontro con Gesù.