II domenica di Natale 2/1/2022
«In principio»: così inizia il Vangelo di Giovanni e così i-nizia la Bibbia. Questo distingue la storia della salvezza dalle favole che si raccontano ai bambini, che iniziano con «c’era una volta» e che creano storie, personaggi, avventure frutti di fantasie, con lo scopo di intrattenere chi ascolta.
«In principio» indica le radici e il fondamento di tutte le cose, del mondo e della storia, ciò che rende possibile l’e-sistenza di tutto e di tutti. Senza quel principio nulla è reale. Quel principio ci dice che non siamo dentro ad un susse-guirsi di fenomeni casuali e caotici, prigionieri di un destino cieco, ma che c’è un disegno che percorre tutta la storia, un’eternità che dà senso al tempo che scorre. C’è una sa-pienza che crea e governa ogni cosa.
-Quel bambino che contempliamo nel presepe e che cele-briamo nel Natale è questa sapienza per mezzo della quale tutto è stato fatto. Il creatore ha voluto prendere la forma della creatura, colui che è eterno ha voluto vivere nel tem-po, essere limitato nello spazio e in un corpo.
«Il Verbo si fece carne»: la parola creatrice non si è fatta solo uomo, ma carne, che è il segno della nostra fragilità e corruttibilità. Ha posto la sua tenda, le sue radici, in mezzo a noi, al popolo di Dio, così che noi non fossimo mai soli, nemmeno nel buio profondo del male e del peccato. Ha abi-tato tra noi perché non scambiassimo la fede per una favola, un racconto consolatorio astratto. Non c’è nulla di più reale di ciò che conosciamo per fede, anche se tante volte siamo presi dal dubbio rispetto a ciò che crediamo.
-Facciamo nostra perciò la preghiera di san Paolo, perché Dio ci doni uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiama-ti.
-Questa sapienza non richiede grossi studi o un grande quoziente di intelligenza: chiede solo di fidarci e affidarci, come i pastori che vanno a Betlemme per vedere il segno di un bambino che è nato per loro; come i Magi che da terre lontane si mettono in cammino per seguire una luce che appare più bella di tutte le loro sicurezze e conoscenze u-mane. «Parliamo (…) della sapienza di Dio, che è nel mi-stero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria» (1Cor 2,7).
-Se facessimo nostra questa sapienza, ci accorgeremmo di quanto è grande la nostra chiamata e la gioia a cui Dio ci ha destinati da sempre; forse ameremmo di più quello che siamo, non fermandoci sempre ai nostri limiti e difetti, ma ai doni grandi con cui Dio ha arricchito la nostra vita; sa-rebbe più facile anche amarci gli uni gli altri, perché sa-premmo guardare tutti con gli occhi di Dio e contemplare in ciascuno non solo ciò che si vede, ma soprattutto ciò che non si vede, la meraviglia che l’altro può diventare con la benedizione di Dio.
-Rimettiamoci in questi giorni davanti al presepe non per ammirare uno spettacolo esterno e lontano, come una favo-la, ma per riconoscere che in quel bambino nato a Betlem-me c’è la sapienza stessa con cui siamo stati pensati da sempre, che lì c’è la nostra realtà, e che quel corpo donato rimane sempre con noi, specialmente nel sacramento del-l’Eucaristia; noi stessi siamo membra di quel corpo; in lui siamo stati chiamati figli di Dio, benedetti per benedire tutti coloro che Dio metterà ancora sul nostro cammino.