-Questa domenica ci orienta a fare memoria degli eventi che hanno portato alla nascita di Gesù, eventi che hanno avuto come protagoniste soprattutto due donne, Maria ed Elisabetta, entrambe segno di come nulla è impossibile a Dio: la vergine e la sterile si incontrano con il pancione.
-Non è un caso che Dio entri nel mondo attraverso una donna e che sia annunciato al mondo nell’incontro tra due donne. Infatti Dio per raggiungerci percorre una strada diversa da quella tracciata nei secoli da coloro che scrivono la storia e che regolano le cose della religione, che sono sempre maschi.
-Così «entrando nel mondo Cristo dice: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato”»: Dio non entra nella storia secondo la logica dei sacrifici, che è propria del mondo maschile, ma secondo la logica del dono e della cura, che è propria del mondo femminile. Non viene con segni di potenza e dimostrazioni di forza, ma nella debolezza e nel nascondimento. In questo modo ci insegna uno stile, un modello di essere Chiesa che ci chiama ad una profonda conversione.
Quale immagine di Chiesa ci indica questo Vangelo?
-Prima di tutto una Chiesa che si alza per andare verso l’umanità, rappresentata da Elisabetta. Un’umanità gravida di vita, ma che ha bisogno di trovare un senso, una pienezza. Come Giovanni nel grembo di Elisabetta sussulta di gioia, perché sente arrivare il Signore, così il nostro mondo ha bisogno che noi gli portiamo colui che è la pace, e coloro che sono stati messi in potere del maligno hanno bisogno di colui che li libera con potenza.
-Interroghiamoci se noi come cristiani e come comunità viviamo questo movimento di Maria, che sa che il dono che ha ricevuto non è suo personale, ma è da condividere; non si ferma a fare dei calcoli sul viaggio o su cosa deve dire e fare, ma va in fretta, sa che ogni secondo perso è rubato a coloro che attendono da secoli la venuta di Gesù. Lei stessa viene evangelizzata da Elisabetta: così anche noi, quando portiamo Gesù agli altri, veniamo evangelizzati e comprendiamo meglio chi siamo.
-Anche Elisabetta ci dà un’immagine di ciò che siamo chiamati ad essere come cristiani e come comunità. Elisabetta ci insegna la benedizione e la profezia, che sono doni dello Spirito Santo. Una Chiesa guidata dallo Spirito Santo non può che essere profetica, capace cioè di vedere oltre le apparenze e di leggere l’azione di Dio nella storia; per questo è capace di benedire, perché non porta se stessa ma la parola di Dio, che benedice tutta l’umanità.
-Dobbiamo riconoscere che tante volte diamo un’immagine ben diversa della Chiesa, appesantiti come siamo da letture mondane della realtà e della storia, incapaci di visioni di ampio respiro, chiusi dentro ai nostri piccoli spazi e progetti, alle nostre tradizioni che si trascinano senza che ci interroghiamo mai sul senso di ciò che facciamo. Vediamo anche tante divisioni dentro la Chiesa, dove si creano degli schieramenti politici e ognuno accetta solo gli insegnamenti che corrispondono meglio alla propria sensibilità personale. Non si sa più riconoscere l’azione dello Spirito nel magistero dei pastori della Chiesa, ma si va per simpatie e per scuole di pensiero. In questi contesti di contrapposizione non c’è più spazio per la benedizione e per la profezia.
-C’è bisogno di cristiani che si lasciano guidare dallo Spirito Santo più che dalle ideologie o dalle sensibilità personali; di cristiani che si mettono in ascolto per cogliere il sussulto di Giovanni Battista, i segni cioè della presenza di Gesù Cristo nella storia. C’è bisogno di cristiani che dicano parole di benedizione, riconoscendo il bene che ciascuno porta in sé, anziché barricarsi in trincea vedendo in tutti dei potenziali nemici da combattere. Il nemico è uno solo, e contro di lui occorre unire le forze; ma se da lui ci facciamo dividere, come potremo ancora essere un segno di luce per il mondo?
-La memoria della tua nascita, Gesù, ci renda cristiani secondo il tuo cuore; renda sempre più la nostra Chiesa una madre accogliente e sempre pronta a mettersi in cammino verso l’umanità in attesa di un salvatore.