III domenica di Avvento anno C 12/12/2021
-La Chiesa oggi canta la propria gioia perché nel suo cam-mino ha superato la metà del tempo di Avvento e vede all’orizzonte la luce del Natale. È bello ogni tanto fermarsi da tutte le occupazioni e le preoccupazioni quotidiane e sentirsi coinvolti in un ripetuto invito alla gioia, perché an-che se non ce l’abbiamo in noi, la gioia quando è vera è contagiosa. Così oggi l’abbiamo sentito ripetere: rallegrati! Grida di gioia! Esulta e acclama! Siate sempre lieti nel Si-gnore! Il Signore è vicino, e lui stesso gioirà per te, esulte-rà per te con grida di gioia! Forse la fonte più profonda della gioia è proprio questo: sapere che c’è qualcuno che gioisce per noi, che siamo il motivo della felicità di qualcu-no. Siamo così abituati alle critiche e ai giudizi negativi, dati e ricevuti, che facciamo fatica a vivere questa gioia gli uni per gli altri. Troppe volte la gioia altrui è per noi un motivo di invidia, e non di felicità. Invece il segreto della gioia sta proprio nell’avere verso tutti gli stessi sentimenti di amore e di tenerezza che ha Dio per le sue creature. Questa gioia condivisa è il segno più genuino di umanità: è quella gioia di Adamo di fronte alla donna che Dio gli mette accanto: «Questa volta è carne dalla mia carne, osso dalle mie ossa». Poi è venuto il peccato, e l’altro è diventato motivo di tristezza, di paura, di sospetto, di contesa, di violenza.
-Il Natale è il mistero di Dio che si è fatto uomo. E perché si è fatto uomo? Proprio per restituirci la bellezza dell’uma-nità perduta, quella a sua immagine.
-Come ci prepareremo a celebrare nella gioia il Natale? «Che cosa dobbiamo fare», chiede la gente a Giovanni, per prepararci alla venuta del Cristo? Chi andava da Giovanni, vedeva in lui una persona fuori dal comune, eccezionale: un uomo che viveva in estrema povertà e che aveva votato la propria vita alla predicazione. Pensavano probabilmente che Giovanni chiedesse loro di seguirlo nel deserto, nella vita ascetica, in una spiritualità fatta di sacrifici estremi e di solitudine. Invece Giovanni risponde loro con indicazioni molto concrete e alla portata di tutti. Per accogliere Dio fatto uomo, dovete tornare ad essere umani! Altrimenti, come potrete resistere alla novità rivoluzionaria del Vangelo? Se non vi fate battezzare nell’acqua, cioè se non tornate ad immergervi alle sorgenti della vostra umanità, come potrete essere battezzati in Spirito Santo e fuoco? Come potrete cioè immergervi nel mistero stesso di Dio, che vuole pren-dere dimora in voi?
-Riparti dunque dall’essere umano. Gusta la gioia della condivisione, che è molto meglio di quel falso piacere che viene dall’accumulare, dal possedere, dal riempirti di cose e di sicurezze: un piacere che apre ogni volta la strada all’insoddisfazione, al volere sempre qualcosa in più, alla paura di perdere qualcosa o di vedere che altri possiedono più di te. Dei tuoi due vestiti, uno non ti appartiene: è del povero che non ha di che coprirsi. Così è della roba stipata nel frigorifero, che sta andando a male perché non riesci a consumarla tutta mentre tanti muoiono di fame.
-Rivesti di umanità il tuo senso della giustizia, che troppe volte è una bella maschera per nascondere il tuo egoismo. Cerca la giustizia per gli altri, e non solo per te stesso. E ri-cordati che non è giustizia l’essere disonesti perché tutti fanno così.
-Riconosci che l’altro è sempre tuo fratello e smetti di pre-varicare, di maltrattare, di approfittare del tuo potere, della tua posizione sociale, della tua forza. Come puoi pensare di essere pienamente uomo quando non riconosci e non ami l’umanità dei più deboli e dei più poveri?
-Per cominciare ad essere cristiani, per accogliere Gesù, non occorre essere dei superuomini, occorre solo imparare ad essere uomini; non occorre realizzare cose eccezionali, ma fare bene le cose normali di tutti i giorni. Non occorre fare del deserto la propria casa, ma imparare nel deserto ad abitare la comunità degli uomini con sobrietà e capacità di ascolto. Comprenderemo cosa sia la gioia cristiana, che non è il contrario della tristezza, ma dell’angustia, di quell’affannarsi per tante cose senza mai vivere davvero. Ma se sapremo finalmente affidare a Dio le nostre necessità, la sua pace custodirà i nostri cuori e le nostre menti. Solo a quel punto il Vangelo di Gesù potrà iniziare a trasformare la nostra vita in qualcosa di straordinario. Solo se saremo stati umani, potremo diventare divini.