-Può sembrare curioso che per i cristiani l’anno liturgico inizi dalla fine. Ma in fondo è la stessa esperienza che facciamo ad ogni capodanno civile: si festeggia la fine di un anno e di conseguenza l’inizio di un altro. Senza la fine di qualcosa non ci sarebbe l’inizio di qualcos’altro.
-Noi cristiani non festeggiamo la fine dell’anno liturgico precedente, perché tutto il tempo è abitato da Dio. Noi festeggiamo Cristo, che è sempre l’inizio di un tempo nuovo, fin dalla sua nascita nella nostra storia; e attendiamo nella speranza la sua venuta finale, che segnerà la fine di un mondo e l’inizio della nostra liberazione. Mentre il mondo muore dalla paura perché riesce a vedere solo la fine delle cose di questo mondo, noi alziamo il capo, perché vediamo ciò che comincia, cieli nuovi e terra nuova.
-Il profeta usa l’immagine del “germoglio”, per sottolineare come la venuta del Signore e l’inizio di un mondo nuovo siano sempre annunciati da segni umili e poveri. Nel germoglio però è sempre contenuta una grande promessa di vita. Per questo il germoglio rappresenta bene questo tempo dell’Avvento che oggi iniziamo: un tempo segnato dalla speranza e dalla vigilanza, le attitudini della sentinella che scruta nella notte i segni del giorno che viene. È importante mettere insieme questi due aspetti: la speranza, senza la vigilanza, si riduce ad un atteggiamento passivo, ad un vago ottimismo per il futuro; d’altra parte, la vigilanza senza la speranza rischia di cedere il passo alla paura o alla disillusione, non ha un orizzonte verso il quale tendere. La sentinella, se non ha la speranza, si deprime; se non ha la vigilanza, si addormenta.
-Gesù nel Vangelo ci spiega bene qual è l’atteggiamento con cui vivere ogni giorno, specialmente in questo tempo d’Avvento: «State attenti a voi stessi». Non è scontato questo richiamo: noi infatti siamo molto bravi a guardare e giudicare quel che fanno gli altri, ma spesso non abbiamo la stessa attenzione sulla nostra coscienza e sul nostro modo di vivere. Così, senza che nemmeno ce ne accorgiamo, i nostri cuori si appesantiscono e riempiamo la nostra vita di cose inutili o dannose, ci stordiamo per non affrontare la nostra realtà che non sappiamo accettare, ci affanniamo correndo dietro a tante cose senza mai fermarci per chiedercene il senso.
-Possiamo raccogliere poi tre atteggiamenti concreti per vivere in modo fruttuoso la nostra preparazione al Natale e per alimentare la nostra attesa di Gesù che viene:
1.Vegliare
È il contrario dell’appesantire il cuore: per stare svegli dobbiamo liberarci di tanti pesi, pensieri, affanni, dalle catene dei peccati e delle nostre dipendenze.
2.Pregare
La preghiera sgorga solo da un cuore che si è alleggerito dalle cose di questo mondo e può tendere verso le cose del cielo, verso un rapporto semplice e vero con il Signore.
3.Crescere e sovrabbondare
San Paolo oggi usa queste due parole che sono fondamentali nella vita di fede. Infatti, la fede è un cammino, una crescita continua. Se non cresciamo nella fede, la perdiamo. Non possiamo mai accontentarci del livello raggiunto, perché il nostro è il Dio della sovrabbondanza. Hai imparato ad amare i fratelli? Bene, lodiamo Dio per questo. Ma devi progredire ancora di più. Se il peccato crea dipendenza e ci fa cadere sempre più in basso, lo stesso deve avvenire per il bene: deve portarci sempre più in alto.
-Dio non cerca persone che si accontentano dei traguardi raggiunti, non vuole dei buoni credenti fermi. La vigilanza ci spinge a fare sempre un passo in più. Troppi cristiani sono abituati a mettere un limite alla propria vita di fede, quasi per paura di esagerare. Non aver paura, con Dio non si esagera mai, piuttosto il rischio è quello di bloccarsi in una falsa fiducia in se stessi. Se manca un orizzonte verso cui tendere, inevitabilmente ci spegneremo e vivremo una vigilanza senza speranza, la nostra preghiera diventerà un gesto meccanico e frettoloso e il nostro cuore riprenderà ad appesantirsi con le cose di questo mondo.
-Viviamo dunque la nostra attesa del Natale non da seduti, ma in cammino; non come un viaggio in autostrada, ma come una scalata verso la cima del monte. Così potremo stare dentro a questa storia disastrata non nella paura e nell’angoscia, ma nella speranza gioiosa dell’incontro con il Signore.